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Boom di roghi a Palermo, per Legambiente tutti dolosi. E mentre l'isola brucia, la Basilicata approva un piano operativo

PALERMO - L'Italia che brucia. Quella che va a fuoco non per mano della natura, ma per colpa
 dei "troppi interessi" divisi tra il racket, l'irresponsabilità e la delinquenza. Quasi novecento incendi per un
 totale di oltre 45mila ettari di superficie percorsa dalle fiamme. E' la fotografia dell'emergenza roghi scattata
dal Corpo forestale dello Stato nel 2012. Un vero e proprio bollettino di guerra per l'Isola che nella speciale

 classifica stilata da Legambiente si colloca al terzo posto tra le regioni colpite da incendi, preceduta solo
 da Campania e Calabria. Secondo il Rapporto Ecomafia 2013 stilato dall'associazione ambientalista,
l'emergenza roghi nel 2012 ha registrato nel Paese un balzo in avanti del 4,6% rispetto al 2011, anno
"orribile" per il patrimonio boschivo italiano con un picco del 62,5% di incendi rispetto al 2010. 
 
CAUSE NATURALI? RARE - Secondo l'associazione ambientalista in tre anni il numero di roghi è lievitato
 del 67,1% e Palermo è diventata la terza città d'Italia per incendi (299). Colpa delle temperature africane della
Sicilia? Neanche per sogno. "Le cause naturali che possono scatenare un incendio boschivo sono estremamente
 rare. Il caldo e il vento sono solo fattori predisponenti" spiega all'Adnkronos Mimmo Fontana, presidente
di Legambiente Sicilia. Dunque, per innescare le fiamme in un bosco non bastano le temperature roventi,
ma serve la mano dell'uomo. "Direi che il 100 per cento degli incendi è doloso - assicura Fabrizio Colonna,
segretario generale regionale della Fai Cisl Sicilia - L'anno scorso sono stati circa venti i piromani colti sul
 fatto ed arrestati. Le temperature miti registrate finora - aggiunge - non hanno richiesto grossi interventi,
ma solo ordinaria amministrazione e per fare previsioni è ancora troppo presto". 

ROGHI DOLOSI - Roghi dolosi, comunque. Dietro i quali si nascondono "troppi interessi". Innanzitutto c'è
 "il racket dell'emergenza - assicura Fontana - perché i mezzi utilizzati per spegnere i roghi vengono
 affittati a prezzi onerosissimi e questo è un sistema che va cambiato per evitare che lo spegnimento delle fiamme
si trasformi in un grande business per qualcuno". Poi c'è "l'atteggiamento irresponsabile di qualche pastore,
che appicca gli incendi per trasformare i boschi in aree incolte o di attraversamento per i propri pascoli". Infine
 anche l'azione di "qualche delinquente, che utilizza gli incendi come elemento di pressione per mercanteggiare
con la politica su un aumento di ore lavorative". Un duro atto d'accusa, anche se Fontana precisa "non
è corretto criminalizzare l'intero settore dei forestali. Su trentamila bastano pochi delinquenti per fare danni, ma
 una cosa è certa: il rapporto tra loro e le aree boscate nell'Isola e' 10 volte superiore al resto del Paese".
Intanto, però, per far fronte al pericolo roghi circa 15mila forestali in tutta l'Isola stanno già effettuando le
operazioni di pulizia. La superficie boschiva di competenza della Regione si estende per circa 70mila ettari
 A prendersene cura sono 25mila forestali suddivisi tra 7.500 addetti allo spegnimento di incendi e alle dirette
 dipendenze del Corpo forestale e 18mila unità dedicate alla manutenzione ordinarie gestiti dall'Azienda
regionale foreste. 

POLITICA DI PREVENZIONE - "La prevenzione - dice Colonna - è già partita anche se in ritardo a causa
dello slittamento nell'approvazione del bilancio regionale. Il vero rischio, però, è che l'Isola si trovi senza
 forestali dopo ottobre". Per Fontana, invece, quello che manca soprattutto in Sicilia è "una seria politica
di prevenzione che si deve basare su una corretta gestione del territorio. Nel settore l'improvvisazione
è la norma". Un'azione a 360 gradi che include "la vigilanza delle aree agricole e boschive, ma anche il
controllo sui comuni che hanno il compito di redigere il catasto degli incendi, ossia delle aree percorse
dal fuoco, dove per 10 anni la legge prevede che non si possa più edificare". 

LA BASILICATA VARA UN PIANO REGIONALE - E se in Sicilia si prospettano politiche di prevenzione per
 contrastare i roghi dolosi, la Basilicata si rende operativa e approva il piano per la campagna antincendi del
2013. Complessivamente è previsto un aumento di uomini e mezzi. La giunta regionale ha impegnato
complessivamente un importo di 3 milioni e 320mila euro tra fondi della Protezione civile e fondi del dipartimento
Ambiente e si può procedere con le convenzioni con il Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco e le
organizzazioni di volontariato, con l'acquisto attrezzature e servizi a supporto alla Soup (sala operativa unificata
 permanente) allocata presso l'Ufficio Protezione civile del dipartimento Infrastrutture, con l'acquisto di
dispositivi di protezione individuale. In programma anche un accordo di carattere scientifico con il Cnr-Imaa
per la messa a punto e sperimentazione di tecniche satellitari avanzate per la stima dinamica della
suscettività al fuoco, rischio da incendio, perimetrazione aree bruciate, riconoscimento tempestivo dei
principi di incendio. Previsti quattro presidi straordinari: due per la provincia di Potenza (a Melfi e a
Maratea-Trecchina) e 2 per la provincia di Matera (Metaponto e a Grassano-Garaguso) con la presenza di
mezzi aerei. 



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