
Palermo. L'edificio era stato costruito di fronte al palazzo del Comando provinciale della Guardia di Finanza di Palermo. In via Gabriele Bonomo, alle spalle del popolare quartiere del «Borgo vecchio», a due passi dalle trafficatissime vie Emerico Amari e Francesco Crispi e dall'ingresso principale del porto. L'impresa che l'ha realizzato è di un ex posteggiatore abusivo, Francesco De Marco, 65 anni, conosciutissimo in tutta la zona come «marinaio» per la sua abitudine di indossare un cappello di foggia marinara. Da ieri è finito nel mirino dei segugi della Guardia di Finanza. E non solo perché è incolmabile la sproporzione tra il valore del palazzo - 7 milioni di euro - e le poche decine di migliaia di euro della sua dichiarazione dei redditi, ma perché gli inquirenti lo indicano come un prestanome di Cesare Carmelo Lupo, uno dei "triumviri" che reggono la "famiglia mafiosa» di Brancaccio per conto dei fratelli Giuseppe e Filippo Graviano da tempo in carcere.
Su disposizione dei giudici della Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Palermo le Fiamme Gialle hanno sequestrato sia l'impresa edile che il fabbricato. La palazzina, realizzata tra il 2007 e il 2009 praticamente sotto gli occhi dei finanzieri, è composto da un seminterrato adibito a garage, sei locali climatizzati ad uso ufficio al piano ammezzato, ascensore interno e 12 ampi appartamenti con finiture di pregio ai tre piani soprastanti. De Marco, diventato in poco tempo costruttore edile, non disponeva - come hanno accertato le indagini bancarie a suo carico - dei capitali necessari per la realizzazione dello stabile e tanto meno era stato finanziato da istituti di credito. Anche la contabilità dell'impresa edile ha lasciato a desiderare viste le numerose e gravi irregolarità riscontrate dai finanzieri.
Il sequestro dell'impresa edile e dell'immobile, rappresentano l'ultimo tassello dell'operazione «Madre Natura» che lo scorso 18 novembre portò al sequestro - da parte del Nucleo di Polizia Tributaria e del Gico - di 21 unità immobiliari tra ville e negozi, 17 terreni, 4 automobili, 15 attività imprenditoriali per un valore complessivo di 32 milioni di euro. L'indagine colpì uno dei «feudi» dell'impero economico di Filippo e Giuseppe Graviano. Le attività commerciali e gli immobili risultarono intestati, infatti, al terzo dei fratelli Graviano, Benedetto, e a prestanomi e persone di fiducia come Giorgio Pizzo, Cesare Carmelo Lupo e Giuseppe Faraone.
Ruolo centrale nelle indagini - sia quelle di «Madre Natura» che le ultime a carico di De Marco, che è stato denunciato per trasferimento fraudolento di valori - lo ha avuto Fabio Tranchina inteso «capello fermo», ex autista e uomo di fiducia di Giuseppe Graviano nonché cognato di Cesare Carmelo Lupo. Arrestato il 19 aprile del 2011 dalla Dia su ordine dei pm di Caltanissetta per concorso nella strage Borsellino, Tranchina ha deciso di collaborare con la Giustizia e ha rivelato non solo i segreti della cosca, ma anche di essere stato lui a procurare a Giuseppe Graviano il telecomando Uht utilizzato per fare esplodere la bomba dell'attentato di via d'Amelio. Sempre lui ha dichiarato che la «famiglia» di Brancaccio - per ordine dei Graviano - è attualmente retta da Giuseppe Arduino fiancheggiato da un triumvirato composto dal cognato Cesare Carmelo Lupo, Giuseppe Faraone e Antonino Sacco.
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