
La confusione impazza.
Sulla scia di “Chi l’ha visto” che ha lasciato da parte ormai da diversi anni l’utile servizio di segnalazione per provarsi in indagini da pochi soldi, e di “Quarto grado” che ha eretto il suo colorato staff a equipe di investigazione, in un mondo in cui le veline fanno le criminologhe, i comici i presidenti, i presentatori interpretano delicatissime intercettazioni, i magistrati si danno alla politica e sbagliano le inchieste, le forze dell’ordine alle truffe, logico è che le “Iene” si sentano i giustizieri dell’Italia. E tra servizi di dubbio gusto, che spesso sfiorano la perversione, ci infilano qualche scoop su indagini segrete. E le promuovono.
Quanto pagano per queste informazioni? Chi è disposto a dare le soffiate? Chi li ha portati a Samo nel caldo mese di giugno?
Nessuno fa queste domande. Le precisa comunque Pellazza: ci ha portati uno dei forestali!
E perché uno dei forestali accusato di “bivaccamento” avrebbe dovuto mettere a rischio l’ambito posto di lavoro e i suoi colleghi, col pericolo di perdere l’uno e gli altri?
Osservazione: l’Aspromonte, si sa, è duro da affrontare. E non perché (come prontamente si fraintende) sia popolato dai mafiosi, quella è letteratura, è romanticismo. La figura del mafioso-brigante è una bella favola a cui crediamo per tradizione.
L’Aspromonte è duro per i mafiosi stessi, rammolliti dai soldi e dalla belle auto. Le Hogan non sono le scarpe più adatte per le strade impervie dei boschi. Né le camicie di Versace.
Quindi come fa una troup nordica a nascondersi per giorni nelle terre dove solo Peppe Musolino sapeva camminare, sfuggendo all’allenato fiuto degli aspromontani?
E ai lavoratori Afor, che dai vertici fino agli operai scelgono di isolare il germe samese, corrotto e sputtanato, chiediamo:
Non avete mai bivaccato all’ombra dei faggi?
Mai?
Avete avuto sempre direttive precise e materiale per svolgere il vostro lavoro?
Sempre?
Credete ancora in un sistema che non crede neanche lui in se stesso?
Allora siete fuori dal comune. Siete voi lo scoop, non i samesi.
Mai i giornalisti locali neanche se ne accorgono, impegnati come sono a stendere il tappeto rosso al collega, solo perché targato Italia 1.
Peccato! Voi aforiani-non-samesi sieti gli unici al posto giusto, a fare ciò che è giusto, compreso ieri sera, in casa col telecomando.
Perché difendere la vostra dignità o il posto di lavoro? Se il posto fisso non ce l’ha più nessuno sareste degli egoisti a tenervelo stretto.


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