IN MORTE DEL FORESTALE PIZZUTO BUGIE E IMPOTENZA
Diciamo la verità, i forestali siciliani non godono di buona fama. Sono stati rappresentati come l’icona del clientelismo esasperato, dell’assistenza più dispendiosa. Non solo: ogni volta che si sviluppano le fiamme nei boschi, radure, campagne, si sospetta proprio dei forestali. Una testa calda, un “esecutore” di ordini mafiosi o “imprenditoriali”.
Questa cattiva fama si è consolidata in mezzo secolocirca, da quando la Regione siciliana ha messo in piedi il suo esercito di forestali e nasce, anche, da una propensione a considerare il settore come fonte di buoni affari e di posti di lavoro da distribuire a piene mani. Più rimboschimenti, più lavoro per tutti. Un meccanismo che ha trasformato la jattura più grave, l’incendio, in una manna dal cielo. Se le fiamme distruggono il bosco, la regione dovrà reclutare altri lavoratori forestali, e più grave è il danno più numerose saranno le giornate di lavoro.
A lungo i piani di rimboschimento sono stati affidati ad imprese specializzate private, così come oggi lo spegnimento degli incendi è affidato ai Canad-air che lavorano per conto della Protezione civile. C’è dell’altro. “Quando l’aere si fa fosco – scriveva quaranta anni or sono un buontempone sull’Espresso – l’architetto incendia il bosco e il terren, di vincol privo, divien fabbricativo”.
Mentre il sospetto sull’architetto fa sorridere, quello sul forestale piromane viene preso sul serio. Ma oggi le cose stanno diversamente, il piromane non può essere un forestale legato alla giornate di lavoro, perché il diritto al lavoro è già regolato per legge secondo varie fasce di “permanenza: ci sono i centunisti, i centocinquantunisti e i cinquantunisti (tetto minimo di giornate da assicurare). Questo compliocato meccanismo non fa capire, fuori dalla Sicilia, ad alcuno come stanno le cose, ed è per questa ragione che l’esercito dei forestali viene gonfiato impietosamente, indicando cifre vicine alle diciannovemila unità. Se si contassero le giornate di lavoro, come sarebbe giusto fare, si scoprirebbe che il personale impegnato è di gran lunga inferiore.
Francesco Pizzuto, morto carbonizzato nell’opera di spegnimento di un incendio nelle campagne di Castronovo di Sicilia, era uno stagionale, come tantissimi altri compagni di lavoro. Grazie alla disgrazia gli italiani hanno appreso che i forestali siciliani sono, di fatto, stagionali, e fanno il loro lavoro, talvolta rischioso. La quasi totalità degli incendi ha natura dolosa e tocca anche ai forestali intervenire con il coordinamento della Protezione civile per aiutare l’immane lavoro dei vigili del fuoco. 42 anni, tre figli adottivi, Pizzuto, ha avuto il merito di far conoscere la “stagionalità” dei forestali. Finora non c’era stato niente da fare: sono stati rappresentati come un esercito di privilegiati, cui vengono regalati sorsi pubblici per alimentare i consensi elettorali.
Non è che la piaga del clientelismo, spesso intollerabile, sia una invenzione dei nemici della Sicilia – viene alimentata dai comportamenti siciliani – ma la sua incidenza nel settore è molto modesta. Quando si fanno i conti, per esempio, si dimentica che nelle regioni a statuto ordinario il corpo forestale appartiene allo Stato mentre in Sicilia è regionale.
Resta, tuttavia, il fatto che ogni anno quando il termometro si alza e c’è una favorevole brezza le fiamme distruggono migliaia di ettari di vegetazione. Gli incendi si sviluppano negli stessi posti, sono dolosi e qualche volta ci scappa il morto, com’è avvenuto per quel padre di famiglia a Castronovo di Sicilia.
L’intervento di aerei ed elicotteri ha costi da vertigine. Investire risorse nella prevenzione e adottare incentivi e forme di manutenzione e vigilanza “interessate” ridurrebbe di gran lunga i costi. Possibile che ci si rassegni all’impotenza? La rassegnazione, questa sì, merita di essere sospettata, eccome.
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