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Avellino, i forestali della Provincia senza stipendio
Scoppia la rivolta: «Non ci pagano da 10 mesi»


Chiesto l'intervento immediato del presidente Sibilia

AVELLINO - Ancora senza stipendi i 23 operai del settore Foreste della Provincia di Avellino, rinviato a dopo le elezioni politiche di febbraio il consiglio provinciale che si sarebbe dovuto occupare della questione. Oltre al danno anche la beffa, dunque perché i lavoratori non riescono neanche a chiedere un incontro con le autorità ed i rappresentanti istituzionali. E monta la protesta con accuse a tutti e dichiarazioni molto pesanti, soprattutto in campagna elettorale. «E’ una vergogna che non possiamo più sopportare», gridano alcuni dei 23 operai forestali, che insistono «Ci siano persone che da dieci mesi non percepiscono lo stipendio e politici che pensano esclusivamente alla loro campagna elettorale».
LA STORIA - L’accusa che gli operai rivolgono alla politica è da tenere davvero in considerazione, soprattutto a poche
settimane dalle elezioni, riguarda la decisione di aver rinviato la riunione del consiglio provinciale di Avellino che avrebbe dovuto assumere una posizione sul problema: «Non è possibile che un consiglio provinciale nel quale bisognava discutere della nostra situazione sia stato rinviato a dopo le elezioni. E’ una beffa. Non riusciamo ad avere un incontro con l’assessore Coppola per poter discutere e trovare una soluzione. I nostri dirigenti, i nostri politici, i nostri rappresentati, scaricano troppo spesso le responsabilità su Palazzo Santa Lucia. Un modo per lavarsi le mani, senza occuparsi del dramma che noi da dieci mesi stiamo vivendo». Sotto attacco finisce anche l’ex presidente della Provincia di Avellino Cosimo Sibilia, decaduto per ricandidarsi al Senato. I 23 lavoratori accusano: «Le promesse di Sibilia non sono state mantenute e la situazione è ormai allo stremo. Chiediamo delle risposte. Ci chiediamo, a chi dobbiamo rivolgerci?» I lavoratori del settore Foreste sollecitano il pagamento delle spettanze arretrate: «Non ci fermeremo. Vogliamo risposte. E che siano definitive. Ci hanno tolto perfino il diritto di protestare e ci minacciano con il licenziamento».

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