Bilancio e finanziaria, il pericoloso gioco delle date sul filo di lana
Finalmente è giunta. La legge di stabilità finanziaria ha fatto il suo ingresso sotto le tettoie in ferro battuto in stile liberty della prestigiosa sede del Commissario dello Stato. Insieme alla finanziaria ci sono tutte le tabelle di bilancio. Entro giovedì il Commissario dello Stato, Carmelo Aronica, dovrà pronunciarsi sul contenuto della più importante norma dell’anno 2013, quella da cui dipendono tutte le attività dell’amministrazione regionale.
L’intero impianto della norma, però, sembra reggersi su un sottile filo di lana così come sul filo di lana si gioca tutta la partita delle scadenze programmate dai regolamenti e dallo statuto siciliano. Un gioco estremamente pericoloso quello che il governo e l’Assemblea regionale siciliana stanno giocando proprio sulle scadenze. Ogni termine, perentorio, è stato infatti travalicato con uno stratagemma, almeno fino ad ora.
Il primo termine perentorio era fissato per il 30 aprile. Entro quella data andava approvato, inderogabilmente, il bilancio di previsione della Regione e la legge di stabilità finanziaria. L’approvazione è giunta solo alle prime luci dell’alba del 1 maggio. Una abitudine consolidata, in realtà. Ad onor del vero lo stratagemma viene usato fin dalla notte dei tempi. In pratica a mezzanotte si esegue quella che viene chiamata in gergo la “fermata degli orologi”. In pratica essendo sempre la medesima seduta tutto ciò che viene fatto va imputato dalla mezzanotte in poi viene imputato come attività della mezzanotte del 30 aprile. Fin qui niente di nuovo.
Il secondo termine perentorio è quello dei 3 giorni assegnati per l’allineamento della norma e la notifica al Commissario dello Stato. il termine scade alla mezzanotte del 3 maggio, ne diversa può essere la data altrimenti significherebbe ammettere di non aver rispettato il termine precedente. Ed ecco il pericoloso stratagemma 2013. Essendo stata la legge approvata l’1 maggio, il termine viene fatto slittare alla mezzanotte del 4. Con questo stratagemma la notifica al Commissario è avvenuta nella serata del 4 maggio.
Ma lavorando sul filo di lana si è pensato anche al piano B. Anche se il termine è perentorio non andrebbe considerata la giornata del 1 maggio perché festività di prima importanza. in entrambi i casi le interpretazioni, dal dopoguerra in poi, furono sempre di segno diverso. Ma tant’è, la finanziaria ed il bilancio sono arrivati al Commissario con un giorno di ritardo. Per addolcire la pillola ed evitare che dagli uffici di Piazza Principe di Camporeale qualcuno sollevasse il problema, la norma è stata fatta precedere da una prima bozza informale a mezzogiorno e da un secondo gruppo di documenti alle 17.
Il terzo termine perentorio, e qui c’è da scommetterci sarà rispettato se non altro perché non è un termine assegnato alla Regione ma al suo controllore, è quello dei 5 giorni concessi al Commissario per le sue eventuali impugnative. il silenzio comporterebbe l’assenso e dunque il rispetto dei termini è garantito anche da questo. Impugnative che arriveranno certamente e che, probabilmente, saranno rese note giovedì mattina.
L’intero sistema dei ritardi e delle “interpretazioni” sembra fosse già stato pensato ai massimi livelli legali di governo e di assemblea. A dimostrarlo la strana convocazione della prossima seduta fissata per venerdì 10 maggio ovvero esattamente il giorno seguente alla scadenza dei termini per le impugnative del Commissario così come pensati da questa “nuova” interpretazione.
Date e scadenze a parte ora c’è da entrare nel vivo della manovra. Complessivamente sotto la lente di ingrandimento ci sarebbero entrate per ben 280 milioni di euro, circa il doppio di quanto fino ad ora considerato a rischio. La segreteria generale del Commissario lavora all’inoltro, già lunedì mattina, delle richieste urgenti di chiarimenti anticipate informalmente agli assessorati interessati.
Veramente tanti i dubbi su questa norma ad iniziare proprio dalle entrate. Canoni su autostrade ancora non in servizio, tasse demaniali non quantificabili, royalties sugli idrocarburi e canoni di estrazione dalle cave siciliane valutati in modo forfettario, trasferimenti dallo Stato in materia sanitaria ancora incerti e recupero somme dai laboratori di analisi già al centro di un contenzioso, sono solo alcune delle entrate dubbie. Metà di queste entrare non certificate, sono soldi del settore sanitario rispetto ai quali i rilievi potrebbero rientrare, almeno per i 110 milioni che il Ministero dovrebbe trasferire, se non a giugno, almeno fra luglio e settembre. Perplessità sul recupero delle somme che dovrebbero essere restituite dai laboratori di analisi per aver incassato tariffe superiori a quelle medie. Da lunedì si avvierà una trattativa ma è improbabile che le strutture possano pagare quanto viene loro richiesto. L’alternativa sarebbe il fallimento e prima il blocco delle convenzioni e dunque del servizio di analisi cliniche. I restanti 140 milioni sono suddivisi fra tutti gli altri capitoli di bilancio in entrata, fra cui tasse demaniali e royalties varie.
Ed ecco che arriva l’altra interpretazione. Il commissario dello Stato non potrebbe impugnare le entrate anche se incerte perché questo non costituirebbe violazione costituzionale e dunque non sarebbe di sua competenza. Sul prefetto Aronica è in corso un forte pressing. da un lato governo e deputati, dall’altro i suoi stessi uffici che la penserebbero diversamente.
C’è poi l’altro grande tema: la tabella H. In base ad una sentenza del Tar del Lazio del 2009 ed alla conseguente legge del 2010, il Parlamento non può assegnare contributi direttamente per legge di bilancio. Può definire un fondo e la sua destinazione, ma i soggetti che percepiranno i contributi devono essere, poi, individuati per via amministrativa con una procedura di selezione. Sulla base di ciò il Commissario potrebbe decidere di impugnare l’ex tabella H. In realtà già il 1 maggio a BlogSicilia il presidente della Regione Rosario Crocetta aveva annunciato l’intenzione di dar vita ad una legge ad hoc proprio per regolamentarla.
Una ulteriore richiesta di chiarimenti è quasi certa sulla norma che autorizza l’Irfis FinSicilia ad incorporare altre controllate della Regione. La legge non lo dice ma l’idea è chiara. Irfis dovrebbe incorporare Sviluppo Italia Sicilia. il motivo è evidente. Irfis ha i fondi, Sviluppo Italia Sicilia il personale. Ma dal Commissario dello Stato hanno perplessità sue due aspetti. Il primo riguarda il capitale di Irfis FinSicilia. Non sono ancora giunti documenti ufficiali circa l’acquisizione da parte della Regione delle quote di Unicredit. La procedura potrebbe non essersi perfezionata e in quel caso Irfis non sarebbe una controllata ma una partecipata e se il capitale non è interamente pubblico non può incorporare una società ad intero capitale pubblico. Dubbi, poi, sullo strumento di legge. Una fusione per incorporazione fra soggetti “bancari” va fatta con delibere dei Consigli di amministrazione e verifica di Banca d’Italia. L’idea di farlo attraverso una legge regionale non convince il Commissario dello Stato.
Tanta carne al fuoco e poco tempo per analizzare tutte le sfaccettature di questo bilancio e soprattutto di questa finanziaria. Alla fine la cosa più probabile è che tutti questi distinguo si appianino entro giovedì. Perché andare allo scontro su piccole violazioni dello Statuto come i termini di legge, quelli perentori, le entrate incerte e le spese improprie che si sono sempre fatte? In Sicilia, si sa, dice un vecchio adagio legale, la legge è uguale per tutti ma per i nemici si applica, per gli amici si interpreta. e qui di interpretazioni dotte ed erudite certamente ce ne sono tante da poter fare storia della giurisprudenza.
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