Quale autonomia per la Sicilia? Siciliani rispondiamo
L’autonomia della Sicilia (e non solo) è prevista nella Costituzione della Repubblica, e quindi non basterebbe un diktat della Finlandia per cancellarla. Ma al di là delle valutazioni formali, i siciliani per primi dovrebbero cominciare a interrogarsi sul valore della propria autonomia, a quasi settant’anni dalla sua concessione. Allora, le motivazioni principali, più o meno ufficiali, furono quelle di combattere la mafia, di favorire lo sviluppo e di arginare il senso di isolamento della regione.
Non mi pare che alcuno dei tre obiettivi sia stato raggiunto: in cambio, la Regione è diventata
una macchina assistenzialistica che (per esempio) ha a libro paga 27mila forestali ma non riesce ad evitare uno scempio quale l’incendio (doloso) di uno dei punti più belli del Mediterraneo, ossia la Riserva dello Zingaro.Insomma, resta sempre attuale il quesito che ancora pochi mesi fa ricordava Piero Violante, nel suo bel libro «Come si può essere siciliani?»: ossia, se «lo statuto siciliano (sia) l’ultima tappa dell’evoluzione della millenaria sicilitudine o un passo avanti nel percorso di emancipazione sociale del popolo siciliano».
A rispondere dovrebbero essere non i finlandesi, ma i siciliani (e lo dico da siciliano di nascita), cominciando magari con lo scegliere una classe dirigente diversa, meno corriva a pressioni di ogni genere. Vedremo che scelte faranno gli elettori alle ormai prossime elezioni regionali; ma anche quali menù saranno loro ammanniti dai partiti, nessuno dei quali, finora, sembra porsi il problema di dare un senso di riscatto al valore, altrimenti sterile se non dannoso, dell’autonomia.
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