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"Il Gattopardo" e il governatore Crocetta

Questa gattopardesca lettera al presidente Crocetta viene scritta non per scoraggiarlo a fare politica ma per ricordargli che, purtroppo, qui in Sicilia, non c'è da farsi troppe illusioni; è difficile "fare" un qualsiasi serio progetto etico-politico di rinnovamento; impossibile realizzare quella che il governatore pasolinianamente chiama «rivoluzione antropologica»! Nella nostra solatia Trinacria, uomini che vogliano scuotere il nostro atavico desiderio di voluttuosa immobilità riscuotono solo spallucce con dispettosa, e sospettosa, meraviglia, perché il normale da noi è cosa straordinaria, e suscita diffidenze e paure.
In Sicilia non importa far male o far bene: il peccato che noi siciliani non perdoniamo mai è semplicemente quello di "fare". Siamo vecchi, Crocetta, vecchissimi. Sono venticinque secoli almeno che portiamo sulle spalle il peso di magnifiche civiltà eterogenee, tutte venute da fuori già complete e perfezionate, nessuna germogliata da noi stessi, nessuna a cui abbiamo dato il "la"… Da duemilacinquecento anni siamo colonia. Non lo dico per scoraggiare il governatore. Il sonno è ciò che i siciliani vogliono. Essi odieranno sempre chi li vorrà svegliare, sia pur per portar loro i più bei regali!
Solo a parlare di cambiamento, di giustizia ed equità sociale, da noi si rischia il disarmante epiteto di illuso, o, peggio, di scemo del paese, senza nemmeno il beneficio di alcuna possibile sublimante aura di poetico futuro riscatto! Qui, in Sicilia, gli idolisono i Sancio Panza con i loro crocchè e cannoli alla ricotta. Il Palazzo riserva agli uomini di panza, e ai loro accoliti, gli applausi, gli inchini, le considerazioni e le giustificazioni. Qui, in Sicilia avrebbe sempre, povero e semplice illuso, per lei, solo acidi cantori critici fatalisti - non importa se di destra, di centro o di sinistra - falsi-progressisti butta-veleno e fango!
Ma che pazzia è quella che il governatore si è messo in testa di voler redimere questa terra? Ristabilire la legalità, ridurre gli stipendi agli onorevoli, rafforzare lo stato sociale, ridare fiato alla cultura, alla scuola, al lavoro, ai beni archeologici. Ma se ne rende conto? Crede di essere, forse, l'Ercole Farnese del proletariato? E quanta forza gli ci vorrebbe, per sanare le inadempienze: per rimettere a posto i bilanci in deficit, per sconfessare e dichiarare illegali certe nomine e deleghe ad personam fatte in zona cesarini; e quanti secoli, per ridare speranze di lavoro a chi le ha perse: ai forestali, agli esodati, ai disoccupati, ai precari di ogni genere e specie; per riattivare la fiducia delle imprese a operare in Sicilia, eliminare il pizzo, ristrutturare gli edifici scolastici, mandare a casa i fannulloni, tagliare gli sprechi della burocrazia parassitaria, incentivare il turismo, dare respiro ai teatri e agli artisti che vi operano, eleminare, infine, tutta la spazzatura materiale morale accumulatasi in tanti e tanti secoli di malgoverno? Come salverà Crocetta i giovani dalla paura del futuro, dai ricatti della politica mafiosa e corrotta del clientelismo e dalla familistica "mangiugghia"?

Il governatore ci pensi prima di partire lancia in resta! Rinunciare, non è fellonia. Potrà sempre dire: «Volevo, pensavo che fosse un dovere normale pretendere legalità e democrazia, lavoro per tutti e diritti certi, e certi doveri; per questo, ci volevo mettere il mio impegno, e la mia faccia. Non è mia colpa se non ce l'ho fatta, se ho trovato dura e sorda ai miei richiami etici la gente! ». Se parlerà così, nessuno potrà incolparlo! Lasci fare ai giovani. Loro, il futuro se lo vogliono prendere "a Spinta"? Li faccia accomodare pure! Forse, chissà, avranno pure ragione! Vediamo cosa sapranno fare.

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