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"Impegnati per salvare l'azienda" La Windjet va avanti da sola


In esclusiva parla il patron della compagnia aerea, Nino Pulvirenti: "Noi abbiamo fatto di tutto nei mesi passati per scongiurare disagi ai nostri viaggiatori. C'erano i tedeschi alle porte, poi è stata avviata la trattativa con Alitalia. Rischio contagio? Il gruppo è sano"
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CATANIA - Il presidente non ha nessuna voglia di parlare, nessuna.
 Cose da dire ce ne sarebbero, una gran quantità, ma non ora, 
non adesso. Ogni cosa a suo tempo. Oggi Nino Pulvirenti è amareggiato,
 preoccupato, dispiaciuto. E anche fortemente incazzato. Amareggiato 
perché negli ultimi giorni, sussurra a mezza voce dialogando informalmente
, lui e la Wind jet sono passati dal ruolo evidente di vittime di una strategia
 che ha voluto colpire e ha tentato di affondare la compagnia e il suo 
fondatore, a quello di responsabili del disastro in corso. Cioè di un’impresa 
trascinata sull’orlo del fallimento, 300 mila passeggeri lasciati a terra
 nel cuore dell’estate e delle vacanze con una serie di informazioni date 
e deformate ad arte.

Ma è pure preoccupato, Nino Pulvirenti, perché l’evoluzione di questa storia,
 di questa trattativa, di questa acquisizione su cui, proprio per la caparbietà
della Wind jet e per le ragioni che la compagnia sa di avere, non è ancora
calata la parola fine, rappresentano il segnale inequivocabile di una politica
 che tende ancora una volta a penalizzare fortemente la Sicilia, le sue imprese,
 chi ha coraggio, chi ci mette e, spesso, rimette capitali. Vecchio gioco,
su cui Nino Pulvirenti non può non fare una riflessione amarissima.

L'AMAREZZA. “Noi quelli che abbiamo lasciato a terra 300 mila passeggeri?
 Chi scrive e chi racconta questa storia non conosce, o fa finta di non
conoscere, quel che è successo in questi mesi. No, oggi no, ma ci sarà
tempo per chiarire, e chiariremo. Intanto, però, mi piacerebbe ricordare
 che noi siamo quelli che abbiamo fatto viaggiare 20 milioni di passeggeri,
 dalla Sicilia e per la Sicilia, in tutta Italia e mezza Europa. Con tariffe e
opportunità che nessuno aveva mai garantito. Questi siamo noi”.

Vorrebbe dire altro, il presidente, ma oltre ad essere amareggiato e
 preoccupato, è anche dispiaciuto. Per i passeggeri rimasti a terra, perché,
 dice, “capisco che loro possono non sapere che cosa è successo e che
cosa sta succedendo. E’ comprensibile. E sono molto dispiaciuto per i
 disagi che stanno affrontando. Noi, per la verità, abbiamo fatto di tutto
 nei mesi passati per scongiurare qualsiasi problema per i nostri viaggiatori.
 E c’erano garanzie sufficienti perché il nostro programma venisse rispettato
 e perché non si andasse incontro a questa situazione che dispiace, moltissimo”.

Incazzato, anche. E lasciamo che sia così, perché il presidente ha sufficienti
 ragioni per esserlo. Battute imbarazzanti, i giornali non lo hanno risparmiato
 nelle ultime ore, anche quando è evidente che si sta colpendo il bersaglio
 sbagliato, in molti casi strumentalmente, perché a qualcuno conviene
 rovesciare sull’imprenditore siciliano, sull’impresa siciliana e, più genericamente,
 sulla Sicilia, il peso di atteggiamenti scellerati di altri soggetti, di tempo
 fatto perdere per strada da altri enti, di una deriva che è stata pilotata,
governata, seminata progressivamente per arrivare alla tempesta. Su questo,
davvero, Nino Pulvirenti non spiccica una sola parola, si tiene la rabbia lucida
 di queste ore e di questi giorni, rinviando ad altri momenti i chiarimenti
anche sul piano strettamente personale.

IL RISCHIO CONTAGIO. Ma c’è dell’altro, c’è un punto su cui l’imprenditore
si sente toccato, avverte il tentativo di confondere le acque, di spargere
 facile demagogia da quattro soldi per saldare situazioni che non hanno
alcuna concreta e reale connessione. E’ il cosiddetto rischio-contagio.
Cioè, quel che sta accadendo alla Wind jet può influenzare negativamente
 sul resto delle aziende che gravitano nell’orbita delle holding di Nino Pulvirenti?
 La risposta, che da settimane l’entourage del gruppo dava dal quartiere
generale, è chiara e non si presta ad equivoci di sorta: il rischio-contagio
 non esiste, perché se la situazione oggettiva della compagnia è, come
nella stragrande maggioranza dei casi per le imprese del trasporto aereo
 in mezzo mondo, molto complicata, c’è una situazione patrimoniale del
 gruppo che oggi continua a fare invidia a gruppi anche più grandi, di livello
nazionale, di gran lunga molto più compromessi ed esposti con le banche.
Che significa?

Significa che il gruppo Pulvirenti, a cui in queste ore si è cercato di fare
ancora una volta le pulci, e che comprende grande distribuzione, strutture
ricettive alberghiere e anche il Catania calcio, fattura qualcosa come
450 milioni l’anno. Qual è, allora, la quota attuale di esposizione del gruppo
 con le banche? E’ di venti milioni di euro, venti. Il che significa che pur essendo
 le società del gruppo in qualche modo concatenate tra loro, se gli analisti
 economici hanno ritenuto di potere dire che esiste un rischio-contagio
nell’eventualità che possa esserci una fideiussione bancaria del gruppo
 posta a garanzia della Wind jet, beh ci troveremmo di fronte ad una
esposizione irrisoria, che non raggiunge nemmeno il 5% del fatturato globale.
Qual è, allora, e dove starebbe il rischio che a pagare un eventuale conto
 della Wind jet, siano le altre imprese del gruppo? Nessuno, zero tagliato.
 Perché lo stato di salute del gruppo resta, nonostante la crisi globale che
 ha investito il mondo delle imprese, piuttosto florido, Con l’unica eccezione, evidentemente, della Wind jet. Un’impresa, va detto, su cui il gruppo
 ha investito qualcosa come 40 milioni per lanciarla, per farne leader
 nel trasporto low cost, per resistere, sin quando è stato possibile,
 alla crisi.

IMPEGNO PER L'AZIENDA. “Sapevamo da tempo – dice Pulvirenti –
che il settore stava finendo in un vicolo cieco, non solo le piccole compagnie,
 non solo in Italia, ma la maggior parte delle aziende in mezzo mondo.
Per questo avevano cominciato a monitorare la situazione già da un
anno, per non farci trovare impreparati, per salvaguardare l’azienda,
 i posti di lavoro diretti, l’indotto, i servizi che da anni garantiamo a
milioni di viaggiatori. Ci avevamo pensato molto per tempo. E poi?
E poi… Adesso aspettiamo di vedere che cosa accadrà nelle
prossime ore e nei prossimi giorni. Poi è poi…”.

Quando Pulvirenti cominciò ad affrontare la situazione, prima di altri
 vettori peraltro, varrà la pena di ricordare che la Wind jet, dopo
un’attenta valutazione e analisi di Mediobanca, fu giudicata pronta ad
essere quotata in Borsa e molto appetibile anche per un’eventuale
 vendita. I tedeschi erano lì alla porta, pronti a trattare. Invece si avviò
quella trattativa con Alitalia, interessata, molto interessata, anche
 perché quelle valutazioni positive erano datate novembre 2011, mica un secolo fa…

ONDATA DI DEMAGOGIA. Va bene, non è il momento di trarre conclusioni,
 anche perché mentre Pulvirenti continua a ragionare per cercare di arrivare concretamente ad una soluzione, che sia la migliore possibile, c’è
quell’ondata di demagogia che contamina tutto. Perché si fa presto
a dire che uno mentre un’azienda fallisce, sta lì a comprare un centravanti.
Ma che c’entra? E’ solo il calcio, che è cassa di risonanza assordante e
 che penetra ovunque e comunque, e che si può usare per sparare a
 casaccio sicuri di colpire nel segno. Invece no. Perché quel che da
anni Pulvirenti fa con il calcio non solo non è costato un euro al gruppo,
 ma ha portato consolidamento economico, risorse, bilanci in perfetta
regola. Nessun centravanti acquistato a dispetto della crisi, ma operazioni
 lungimiranti fatte per dare solidità anche alle altre aziende, semmai.
 Pulvirenti non ne vuole parlare di questa sciocchezza, è una di quelle
 che lo offende di più, perché clamorosamente falsa e strumentale.
Ad altre società che fanno anche calcio, oltre ad essere leader in
molti altri settori, nessuno si è permesso di rimproverare licenziamenti,
disimpegno in Italia, casse integrazioni e soldi spesi, una barca di soldi,
 per arricchire la squadra con qualche top player.

Ma anche qui sembra prevalere il piacere di colpire il Catania e un’altra
 realtà assolutamente fuori dall’ordinario, con bilanci in attivo, sette
anni di serie A, giocatori ricercati da club di mezza Europa, un centro
 sportivo che vale oltre 50 mila euro e uno stadio che presto potrebbe
nascere nel cuore di Librino. Troppo per un’azienda siciliana, per un
imprenditore catanese, per una realtà di quaggiù. Troppo, ma anche se
la vicenda Wind jet non è una partita di calcio, rivedere tutte le scene
di questa storia al rallentatore servirà a comprendere bene, meglio e bene,
 chi ha giocato, perché, con chi, contro di chi e inseguendo quale
risultato finale.

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