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MODELLO SICILIANO ANCHE A ROMA: IL MIRACOLO DI ROSARIO

grillo crocetta
Gela è devota alla Madonna del Rosario, che si festeggia il 3 luglio ed apre la stagione balneare. C’è anche Maria dell’Alemanna, la patrona della città, a proteggere la città natale del Presidente della Regione,Rosario Crocetta, ma la Madonna del Rosario scalda i cuori dei gelesi con eguale intensità.
Rosario Crocetta si chiama Rosario perché negli anni Cinquanta i nascituri a Gela non potevano che avere il nome degli apostoli, dei santi e delle madonne: Rosario, Crocifisso, Catena, Carmela, Concetta, Maria, Giuseppe e così via. Non c’erano né Jessica né Wilma, Erica o Walter, William o Johnny, sarebbe stata una follia.
Il governatore non ha portato quel nome ricevuto dai genitori con riluttanza, ha anzi proclamato la sua devozione alla Madonna ed è un fervente cattolico. Crede in Dio, nell’intercessione dei santi e nella Chiesa cattolica.
Anche nei miracoli? È molto probabile. Sarebbe auspicabile che così fosse, perché solo un miracolo, oggi, può salvare il Paese dall’ingovernabilità, e solo Rosario Crocetta, che ha avuto la ventura di fare un tratto di strada con i grillini potrebbe fare il miracolo di farli uscire dall’Aventino e indurli a partecipare alla ricostruzione politica, sociale, morale ed economica del Paese. Per quale ragione gli attribuiamo questo potere?
Sin dal primo giorno, Rosario Crocetta ha “investito” nel dialogo con il Movimento 5 Stelle. Con testardaggine, facendosi anche delle inimicizie. Il M5S aveva la rappresentanza più numerosa dell’Assemblea, ben quindici deputati regionali. Varcando la soglia del Palazzo, destò sospetti e preoccupazione, ed era osservata con timore e diffidenza. Più che un gruppo parlamentare era vissuto come una truppa da sbarco, che avrebbe usato da subito le armi dell’ostruzionismo, della denuncia. Da incubo.
Rosario, invece, ne fece da subito l’interlocutore principale al punto da preferire il Movimento ai partiti storici e agli alleati per costruire un modus vivendi accettabile in un Parlamento privo di maggioranza.
Il M5S non ha mai indossato la maschera barricadera ed ha rispettato le regole, assumendosi anche delle responsabilità istituzionali. Il vice presidente vicario dell’Assemblea regionale, seconda poltrona dell’istituzione parlamentare, è il grillino Antonio Venturino, di professione mimo ed attore di teatro, il presidente della Commissione legislativa ambiente è il grillino Giampiero Trizzino, giovane docente universitario. Non si tratta di due cadeau, vista la consistenza del gruppo, ma nemmeno di un episodio di routine: senza il voto dei deputati del Megafono, di osservanza del governatore, questo risultato non sarebbe stato possibile. Il dialogo, insomma, è stato rafforzato da questo attestato di fiducia.
Ciò che è avvenuto dopo è un mezzo miracolo: il gruppo parlamentare del M5S ha approvato il Documento di programmazione economica e finanziaria che da giorni non riusciva ad uscire dall’aula parlamentare. Smentendo l’immagine di una truppa d’assalto trinariciuta ed incorreggibile, la rappresentanza del Movimento ha scelto di governare il Parlamento.
Il modello siciliano, sospira ora Rosario Crocetta, va esportato a Roma: è possibile. Ci vuole un miracolo, replica chi gli sta accanto, ma lui è cocciuto. Ha ragione a provarci?
Probabilmente sì, perché sia a Palermo quanto a Roma Beppe Grillo ed i suoi annunciano che non faranno prigionieri quando si tratta dei vecchi tenutari del “bordello” Italia, ma di volere dare una mano se si tratta di fare cose serie. Niente alleanze, comunque, nemmeno a parlarne.
Il modello siciliano assomiglia al gentlemen’s agreement, un patto fra gentiluomini, cittadini responsabili della gestione della cosa pubblica. Il M5S vuole stare lontano dal governo, ma non si tira indietro quando c’è da governare le istituzioni, fare la propria parte, a condizione – naturalmente – che si tratti di scelte condivise.
A ben riflettere i seguaci di Beppe Grillo non si stanno inventando nulla. Rosario, che ha una solida cultura comunista alle spalle, sa bene che per decenni il Pci si è comportato allo steso modo: governava stando all’opposizione. Sottobanco per gli avversari, assumendosi le proprie responsabilità, quando occorreva, per gli altri.
Esportare il modello siciliano a Roma perciò non è una impresa impossibile: il miracolo, insomma, è alla portata di Rosario. Forse non c’è bisogno dell’intercessione della Madonna, che ha ben altro di cui occuparsi.

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