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GLI INCENDI? LI DOMO CON L’ECONOMETRIA !

Intervista esclusiva all'economista autrice di un modello econometrico degli incendi boschivi in Italia

Malgrado l'Italia sia un paese ad alto “rischio incendi”, finora pochi e limitati sono stati gli sforzi di comprensione scientifica del fenomeno. Adesso ci provano gli economisti Melania Michetti (Euro-Mediterranean Center on Climate Change, Fondazione Eni Enrico Mattei), e Mehmet PinarEdge (Hill University) che hanno creato un modello econometrico degli incendi boschivi nel nostro paese. La ricerca, pubblicata sul sito del Centro Euro-Mediterraneo sul
Cambiamento Climatico (CMCC), mostra che gli incendi boschivi “seguono regole diverse” al nord, centro e sud d'Italia, che la presenza di reti ferroviarie influenza positivamente rischio di incendio, mentre riducono il rischio di incendi la crescita dei livelli di istruzione (nord e centro), i flussi turistici (nord e sud) e il contenimento delle attività illecite (sud). Un inizio per l'individuazione di qualche soluzione efficace?
Planet Inspired intervista in esclusiva la ricercatrice Melania Michetti
Come è arrivata ad interessarsi di questo tema e perché pensa che l'econometria possa fornire delle risposte migliori?“Gli incendi forestali in Italia sono un grosso problema: danneggiano il paesaggio, l'ecosistema, beni e persone, e contrariamente a quanto ci si possa aspettare questo avviene da nord a sud, d’estate e d’inverno. Come se non bastasse, gli incendi rilasciano CO2, gas serra e altri inquinanti dovuti alla combustione, riducono la capacità delle foreste di intrappolare il carbonio, generano danni economici rilevanti e impattano seriamente la salute umana. Solo nel 2012, si sono verificati 8699 incendi che si traducono in circa 47.266 ettari di terra forestale bruciata – rispetto al 2011, un incremento del 6.33% nella frequenza degli incendi e del 23% nell’estensione dell’area bruciata (dati Corpo Forestale dello Stato). Inoltre, frequenza ed estensione degli incendi potrebbero aumentare nei prossimi decenni a causa dei cambiamenti climatici, di eventi estremi sempre meno rari, della variazione del tessuto socio-economico e l'uso del territorio e del suolo (ad es., cambiamento di pratiche agricole e forestali, abbandono delle campagne, etc.). Serve un ripensamento degli attuali sistemi di monitoraggio e gestione del rischio di incendio, oltre che una maggiore pianificazione e prevenzione per ridurne al minimo gli impatti.
Per queste ragioni mi sono avvicinata al tema degli incendi forestali.
Esistono metodologie e modelli che possono generare un quadro più esaustivo del problema. Ad esempio, quelli sviluppati dal CMCC forniscono strumenti sempre più idonei e accurati per l’analisi e valutazione della pericolosità potenziale degli incendi, la previsione del rischio di incendio e la valutazione dei danni. La statistica fornisce molti strumenti per valutare quali sono le cause di incendio maggiormente significative, in che direzione incidono (riducono o aumentano la frequenza o l’estensione degli incendi) e con quale intensità influenzano il fenomeno. Il mio interesse verso le metodologie statistiche si fonda sulla loro flessibilità e la maniera, relativamente semplice, in cui permettono di considerare una varietà di fattori di diversa natura che possono giocare un ruolo nella definizione del rischio finale”.
Dai risultati, appare una differenza sostanziale tra nord e sud d'Italia in merito agli incendi boschivi. Quale pensa possa essere l'origine di queste differenze?“Purtroppo l’origine non è univoca. Ogni regione ha le sue caratteristiche morfologiche, meteorologiche, socio-economiche e culturali. In maniera diversa da zona a zona, le alte temperature o le ondate di calore, lo stress idrico causato da scarse precipitazioni, i recenti trend socio-economici nonché gli atteggiamenti antropici caratterizzati da dolo o colpa sono responsabili, di concerto con gli altri fattori, dello scenario d’incendio complessivo.
Malgrado le differenze spaziali, la nostra ricerca ci consente di fare qualche considerazione e generalizzazione. Ad esempio, i nostri risultati ci dicono che la densità delle reti ferroviarie e la presenza di mandrie ed allevamenti caprini esercitano pressione sulle foreste generando un effetto significativo sul verificarsi di incendi forestali e sulla loro diffusione.
Il primo effetto è direttamente collegato alla maggiore viabilità del territorio nel quale si snodano le reti ferroviarie. Un più facile accesso al territorio consente un più facile incendio e diffusione di esso. Lo stesso risultato è attribuibile anche alla presenza di scintille provocate dai treni in corsa o in frenata che costituiscono un’importante causa di ignizione da nord a sud. Il tutto può essere aggravato dall’assenza di un’accurata gestione e pianificazione territoriale - specialmente al di fuori di zone cittadine - atta a monitorare la presenza e crescita di materiale infiammabile.
Il secondo effetto si riferisce alla presenza di mandrie di bestiame. Contrariamente all’impatto riduttivo del pascolo di bovini sulla frequenza di incendi, il pascolo di mandrie caprine sembra aumenti la probabilità di ricorrenza di incendio e di estensione dell’area bruciata. Ad esempio, i pastori e gli allevatori di caprini danno spesso inizio a piccoli incendi, generalmente nei mesi di settembre e ottobre, ovvero poco prima delle piogge autunnali, per rendere il prato più adatto al pascolo; ma a volte ne perdono il controllo. Più in generale, la presenza di caprini può essere di per sé un elemento di rischio in quanto può implicare il consumo delle componenti più fresche e giovani della vegetazione esistente aumentando la disponibilità di materiale più secco o maturo e quindi più facilmente infiammabile. Rispetto ai bovini., infatti, i caprini consumano cortecce di alberi o intervengono sui rami anche più alti di molti arbusti, causando deterioramento o talvolta morte degli alberi ed incrementando così la presenza di elementi incendiabili.
Sebbene questi due effetti siano rilevanti su tutto il territorio nazionale altri fattori più specifici impattano frequenza ed estensione di incendi da nord a sud.
Al nord, il rischio di incendio e l’estensione delle aree bruciate sono direttamente collegati al livello medio di educazione della regione, ai movimenti turistici nella zona oltre che alle condizioni meteorologiche. Anche al centro, il livello di educazione si aggiunge a condizioni meteorologiche più o meno favorevoli di temperatura e precipitazioni.
Infine al sud, oltre alle variabili meteorologiche e ai flussi turistici, le situazioni di illegalità e corruzione risultano non estranee al panorama degli incendi. Dall’analisi si conclude che esse impattano sulla frequenza di incendi anche se non risulta abbiano effetti sull’estensione dell’area bruciata, una volta che l’incendio ha avuto luogo. La presenza d’illegalità costituisce, per il periodo di riferimento dell’analisi, un ulteriore fattore scatenante ed è favorita dallo scarso law enforcement e monitoraggio delle aree boschive. Il movente alla base dell’induzione di incendi è certamente di carattere economico. Nonostante le regole di gestione delle aree incendiate siano sempre esistite, gli incendi venivano favoriti per consentire la creazione di posti di lavoro per gli addetti al monitoraggio o soppressione degli incendi, per ragioni edilizie o di disputa tra proprietari confinanti, o ancora per guadagnare terra agricola a scapito di quella forestale, normalmente di maggiore valore rispetto a quella boschiva. La situazione è andata via via migliorando anche grazie al perfezionamento della normativa di riferimento (l’ultima ordinanza, la N. 3606 del 2007 - GU n. 204: 3-9-2007 – è stata emanata per migliorare quella l’esistente, la N. 353 del 2000) e al maggiore monitoraggio da parte delle organizzazioni competenti. Tuttavia nonostante questo impegno normativo la situazione al sud rimane la più complessa presentando la più alta incidenza d’incendi e di area forestale bruciata all’interno del panorama italiano”.
Dal suo punto di vista, quali sono gli interventi più efficaci per ridurre l'incidenza degli incendi boschivi?“Date le caratteristiche del problema in Italia, si possono concepire differenti strategie d’intervento. Ad esempio, una maggiore sicurezza intorno alle linee ferroviarie potrebbe incidere sulla riduzione dei fuochi. Laddove non si utilizzino già dei diserbanti, una possibile attività di prevenzione è quella di indurre dei piccoli fuochi controllati per ridurre l’esistenza di arbusti e materiale secco o infiammabile nelle strette vicinanze delle linee ferroviarie. Rispetto all’utilizzo di diserbanti chimici che in alcune zone avviene già, questa soluzione è meno nociva per la salute delle popolazioni limitrofe. Ovviamente, anche questa pratica, se non viene fatta da personale esperto e in condizioni meteorologiche consone, può avere i suoi rischi. Anche la gestione del suolo e in particolare il controllo della quantità di combustibile in un’area supporterebbero la prevenzione degli incendi. Tale attività, utile in generale, diventa ancora più rilevante in aree in cui sono presenti animali da pascolo, alla luce dei risultati menzionati sopra. La creazione di vere e proprie regole d’uso del suolo, chiare a tutti e con forza attuativa, potrebbero dare migliore risposta al problema della gestione del rischio, in situazioni in cui è ancora forte l’uso tradizionale del fuoco.
Più in generale, nelle aree in cui ancora non esistono o sono scarsamente utilizzati, si potrebbe prevedere la creazione di sistemi di monitoraggio avanzato e di sistemi di allarme ad hoc per il personale specializzato e la comunità. I sistemi di allarme dovrebbero essere concepiti allo scopo di fornire informazioni live e in maniera tempestiva, utili ad agevolare la lotta attiva. Questi vanno certamente affiancati agli strumenti di previsione oltre che ad una costante attività di prevenzione del rischio, che si sviluppi in maniera pianificata durante tutto l’anno per consentire un’efficiente organizzazione delle risorse a disposizione, necessarie per minimizzare la frequenza e gli impatti degli incendi.
Modelli di previsione del rischio innovativi potrebbero integrare informazioni di carattere meteorologico, morfologico e di natura socio-economica. Le previsioni del rischio saranno quindi in funzione di dati meteorologici orari o giornalieri ad alta risoluzione, derivanti da stazioni meteo o da satellite (temperatura, radiazione solare, piogge, direzione e forza del vento), e di informazioni socio-economiche di riferimento della zona (come ad esempio previsioni a breve dei flussi di turismo).
L’obiettivo ultimo di tutto questo è naturalmente quello di mitigare gli impatti sempre maggiori dovuti al cambiamento climatico, nonché quello di adattarsi ad essi, minimizzando i danni economici su cose e persone. Questo processo verrebbe semplificato se l’intera comunità fosse più sensibile al tema, sviluppasse un maggiore senso di responsabilità verso il territorio e si preoccupasse di salvaguardare le risorse naturali di cui spesso fa un uso improprio”.



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