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Caporalato, Giannatempo: non diamo colpa solo a romeni






Cerignola – “L’AMMINISTRAZIONE Comunale di Cerignola esprime il suo profondo sdegno per l’ennesimo episodio di violenza nei confronti di cittadini stranieri arrivati dalle nostre parti per cercare lavoro, caduti loro malgrado nella rete di soggetti senza scrupoli”. Il Sindaco Antonio Giannatempo commenta così l’arresto, da parte dei Carabinieri, di due romeni, due fratelli di 36 e 22 anni, accusati di intermediazione illecita, sfruttamento del lavoro in concorso,
sequestro di persona e riduzione in schiavitù. Da diversi giorni, i due caporali schiavizzavano 14 loro connazionali, tra cui due donne incinte ed un dodicenne, costringendoli a raccogliere pomodori anche per dieci ore al giorno, per 20 euro, in uno dei tanti campi dello sterminato agro di Cerignola: terreni e casolari dove, nella totale indifferenza di una città sempre più cinica, si consumano da anni innumerevoli nefandezze ai danni di molti lavoratori agricoli comunitari ed extracomunitari, spesso compiute da altri stranieri ma la cui regia è indigena. Una vera e propria condizione di schiavitù, quella vissuta dai 14 romeni, controllati a vista e perennemente minacciati dai loro aguzzini, che, dopo averli sfruttati per tutto il giorno, li riaccompagnavano a tarda sera in un locale di pochi metri quadri gestito da uno dei due caporali: una topaia simile a tante altre affittate da cerignolani a stranieri, nella quale i romeni erano ammassati come bestie. Un carcere dal quale non potevano uscire, pagato peraltro da ciascuno di loro 30 euro al mese, in uno stato di totale assoggettamento ai due aguzzini.
Una storia di degrado a cui i Carabinieri, che ringraziamo, hanno detto basta – dice il Sindaco Giannatempo -. Ma non è possibile continuare così, non si può ridurre quest’episodio a un caso di sfruttamento di romeni da parte di altri romeni. Se queste persone si permettono di fare certe cose, è perché esistono coperture precise delle quali si servono per realizzare i loro disegni criminali. Chi consente ai caporali romeni o di altre nazionalità di fare ciò che fanno? Sono davvero loro a dettare le regole dello sfruttamento del lavoro a Cerignola e a comandare nelle aziende agricole? Come si muovono i nostri imprenditori agricoli nel reclutamento dei braccianti? In questo senso, quale tipo di controllo esercitano i sindacati? Continueremo a fare di tutto per offrire il nostro totale sostegno ai cittadini stranieri che arrivano dalle nostre parti per lavorare ma che sono schiavizzati dai caporali. A questo servono, per esempio, le strutture già attive e quelle che attiveremo, come a Borgo Libertà, sul fronte dell’ accoglienza ai lavoratori immigrati stagionali”.
Per il primo cittadino di Cerignola, “quello del caporalato è un fenomeno che offende innanzitutto la persona e i valori dell’accoglienza e della legalità. Va condannato senza esitazioni, deve provocare l’indignazione generale e non può né deve lasciare spazio ad alibi. Deve proseguire l’azione di contrasto che finalmente, da qualche mese, le istituzioni preposte stanno conducendo. Le norme ci sono, vanno applicate. Ma nulla basterà, se non ci sarà una decisa presa di posizione da parte delle forze sociali sane del nostro territorio e, soprattutto, se non si metteranno le mani sulla coscienza i datori di lavoro, perché le tante aziende che non rispettano i contratti vanno punite”.
A questo proposito, i Carabinieri stanno verificando se il proprietario dell’azienda nella quale i 14 romeni erano “impiegati” sapesse che erano trattati come schiavi dai loro due connazionali.
“Da troppo tempo assistiamo a situazioni squallide nell’agro cerignolano- termina Giannatempo – Il lavoro viene considerato come la concessione di privilegio, accordato con ricatti di ogni tipo. Tutto ciò non può che provocare disgusto nella terra in cui Giuseppe Di Vittorio, negli anni duri del dopoguerra, parlava di “pane e lavoro”, rimarcando il valore assoluto della dignità dei braccianti, degli uomini”.



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