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Friuli: sempre più animali selvatici, alle prese però con un duro inverno e spietati bracconieri


orso
L’orso bruno è comparso lo scorso 22 marzo nei boschi di Pulfero (Ud), lasciando tracce inconfondibili subito rilevate dalla Forestale di Cividale e da Stefano Filacorda, dell’Università di Udine, impegnati in stretta sinergia nel monitoraggio degli spostamenti di questo gradito ospite.
Grazie alla neve è stato possibile verificarne il percorso (snow tracking), molto evidente nella zona di Montefosca, e raccogliere tutta una serie di dati biometrici che daranno utili informazioni su sesso, età, peso e alimentazione del plantigrado.
Inoltre, se gli elementi raccolti saranno sufficienti, si cercherà di stabilirne anche il DNA, per una mappatura genetica dell’animale.
Si presume che l’esemplare sia adulto e d’ora in avanti gli operatori che lo seguono programmeranno tutta una serie di attività tecniche e scientifiche per comprendere se si sia in presenza di un soggetto di passaggio o se, come si spera, l’orso, che appartiene alla popolazione della vicina Slovenia dove il numero di esemplari è di tutto rispetto, deciderà di prendere possesso del territorio.
L’orso bruno è una specie particolarmente protetta sia da norme nazionali che comunitarie e la Regione ha contribuito, assieme ad altre Regioni italiane, alla realizzazione del Piano d’azione per la conservazione dell’orso bruno sulle Alpi centro-orientali (PACOBACE), progettato dal ministero dell’Ambiente e della Tutela del territorio e del mare.
Un vero e proprio protocollo al quale fare riferimento per affrontare tutte le problematiche riferite sia alla tutela degli orsi presenti in Italia che alla loro gestione.
In applicazione del protocollo, la Regione ha previsto, con specifica norma, indennizzi per danni da orso e finanziamenti per opere di prevenzione.

caprioloL’intervento congiunto di 2 forestali, 5 vigili del fuoco, un guardiacaccia della Polizia Locale ed il custode della riserva faunistico-venatoria di Villanova ha consentito il salvataggio di un capriolo in difficoltà in un canale irriguo nella zona di Villanova di Farra (Go).
Le canalizzazioni artificiali presenti sul territorio agricolo della provincia di Gorizia rappresentano un notevole pericolo per la fauna selvatica e non di rado capita di dover intervenire per recuperare carcasse di animali già annegati. Si tratta per lo più di caprioli che, una volta caduti nel canale, non riescono più ad uscirne per le pareti in cemento lisce e fortemente pendenti.
In questo caso, invece, l’animale è stato segnalato ed individuato la mattina di venerdì 22 marzo dopo un paio di giorni di ricerche.
Il capriolo, rinvenuto dalla pattuglia del Corpo forestale regionale della stazione di Gorizia, giaceva accovacciato presso un tronco ricoperto da edera posto di traverso all’interno del canale, ma appena accortosi della presenza di estranei si è allontanato con piccole corse, dimostrando così vitalità ma anche uno stato di debilitazione fisica.
Complice il momento agronomico favorevole, il manufatto risultava asciutto e la poca acqua presente era ridotta a pozzanghere derivanti dalle recenti precipitazioni.
Allestito uno sbarramento lungo il canale nella direzione di corsa dell’animale, è stata quindi calata da un ponticello una rete di cattura verso cui il giovane maschio è stato sospinto da alcuni operatori scesi nell’alveo.
Dopo la cattura, il capriolo è stato prima esaminato per accertarne lo stato di salute e la mancanza di ferite e poi lasciato libero in un luogo sicuro.

volpeIl personale della Stazione forestale di Forni di Sopra (Ud) ha segnalato in questi giorni la presenza di unavolpe, presumibilmente affetta da cimurro (presenta infatti le evidenti difficoltà di deambulazione tipiche di questo tipo d’ infezione), nell’area del “Villaggio Tintai”, sul territorio del Comune di Forni di Sopra.
La popolazione residente è stata comunque già avvertita dallo stesso personale forestale della Regione.
Più in generale, nella zona di Forni di Sopra, il Corpo Forestale regionale/CFR negli ultimi mesi ha potuto verificare una condizione di forte “stress”, generalizzata, nella fauna selvatica dell’area, che ha portato alla morte di numerosi capi.
Morti causate dall’insorgere di infezioni endemiche (di norma sotto controllo da parte delle difese immunitarie degli stessi animali) dovute anche a causa del problematico approvvigionamento alimentare, in considerazione dell’esteso innevamento dell’area, anche con punte di 4 metri di neve fresca.
Nell’ultimo periodo la stazione forestale di Forni di Sopra ha recuperato una ventina di carcasse di capriolo, 2 cervi, 4 volpi ed un tasso.
Per l’evidenziazione specifica delle patologie da cui questi animali sono affetti, è stato chiesto, per il tramite del settore veterinario dell’Azienda dei servizi sanitari “Alto Friuli”, l’esame da parte dell’Istituto zooprofilattico di un esemplare di capriolo.

fucileLe attività di contrasto al bracconaggio per salvaguardare la fauna selvatica che è patrimonio indisponibile dello Stato ha dato i suoi frutti in questi giorni.
Il personale del Corpo forestale regionale appartenente alla struttura stabile centrale per la materia venatoria con sede a Pagnacco (Ud), in stretta collaborazione con gli agenti di vigilanza venatoria ambientale e zoofila della Federazione italiana della Caccia-Sezione provinciale di Udine, hanno infatti sorpreso un bracconiere, in periodo di divieto generale, mentre rientrava da una battuta di caccia in laguna.
Al bracconiere è stato sequestrato un fucile da caccia con canne giustapposte calibro 12, numerose munizioni, un richiamo acustico utilizzato per la riproduzione del canto di avifauna con relativi altoparlanti ed un esemplare abbattuto di marzaiola. A supporto è intervenuto il personale della radiomobile dei Carabinieri di Latisana (Ud).
Nell’abitazione dell’indagato, all’interno di due congelatori, sono stati quindi rinvenuti 12 capi di avifauna selvatica contenuti in sacchetti di nylon per alimenti pronti per il consumo.
Durante i mesi precedenti, la struttura stabile centrale per la materia venatoria in collaborazione con personale delle Stazioni forestali ha eseguito numerose attività di vigilanza, controllo e repressione in materia venatoria e uccellagione, controlli in materia di benessere animale e sulla movimentazione di animali d’affezione.
Sono state così denunciate all’Autorità giudiziaria 15 persone per bracconaggio e uccellagione, detenzione abusiva di armi, fauna protetta impagliata e mezzi di cattura non consentiti, per maltrattamento e traffico di animali d’affezione. Le sanzioni amministrative elevate a carico dei trasgressori ammontano a circa 850 euro.
Sono stati sequestrati 8 fucili da caccia, di cui cinque detenuti illecitamente, 110 reti da uccellagione tipo mist-net, lacci, archetti e altri strumenti di cattura vietati.
La Regione Friuli Venezia Giulia, per la particolare orografia, risulta essere un importante crocevia delle rotte di migrazione dell’avifauna selvatica. La cattura degli uccelli era fino a pochi anni fa una pratica molto radicata nelle popolazioni locali. Sono infatti ancora numerosi i roccoli e le bressane sparsi su tutta l’area montana e pedemontana a testimonianza di quante persone all’epoca si dedicassero a tale attività.
Durante il periodo autunnale è concentrato con maggiore intensità il passo dell’avifauna che dall’Europa centro-settentrionale migra verso il meridione e il nord Africa. Nel periodo fine inverno-inizio primavera invece avviene il ripasso e i migratori ritornano ai luoghi di riproduzione.
Sono ovviamente questi i periodi in cui persone senza scrupoli, il più delle volte spinti dai lauti guadagni che il commercio illegale di avifauna procura loro, si attivano facendo man bassa di tordi bottacci, tordi sasselli, cesene, merli, fringillidi e uccelli di varie specie anche protette o particolarmente protette.
L’acquirente finale del mercato illegale che parte dal Friuli Venezia Giulia, come emerso in varie occasioni dalle indagini svolte dal Corpo forestale regionale, si colloca in varie regioni del Nord e del Centro Italia.
Le attività di bracconaggio hanno come scopo la vendita dei trofei di ungulati e la loro carne per la ristorazione. I trofei possono raggiungere cifre di tutto rispetto, dai 1.000/1.500 euro per una testa di cervo e 200/500 euro per un paio di corna.
Il principale scopo resta comunque la vendita delle carni di cervo, cinghiale e capriolo a ristoranti compiacenti. Un fatto illegale oltre che pericoloso poichè nessuno è in grado di poter garantire sull’idoneità al consumo della carne.

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