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Sicilia, dieci miliardi di chance

Andrea Lodato / 
Accordo sul bilancio europeo 2014-2020: nell'Isola arriveranno sei miliardi per il fondo sviluppo regionale, due per il fondo sociale e 1,5 per l'agricoltura. L'europarlamentare catanese La Via: "Notevoli risorse per lo sviluppo, ma la Regione dovrà dimostrare di sapere spendere e le imprese di progettare bene"
CATANIA - «Siamo soddisfatti per aver visto accolte le nostre richieste per un bilancio europeo
più flessibile e per un utilizzo delle risorse efficace, a favore di politiche di investimento, di crescita e occupazione». Giovanni La Via, capo delegazione italiana del Ppe a Bruxelles: soddisfatto per l’accordo sul bilancio europeo 2014-2020, ma anche consapevole, il giorno dopo, che, superata questa fase di negoziazione per nulla facile, adesso ogni Paese dovrà saper giocare bene le chance che sono legate alla quota parte di quei 908 miliardi che toccheranno ad ogni membro dell’Unione. 

E qui, naturalmente, s’innesca il discorso sulla capacità dell’Italia e della Regione Siciliana, di utilizzare al meglio tutti quei quattrini. Tra 70 e 85 miliardi all’Italia. E alla Sicilia? «Naturalmente possiamo fare calcoli suscettibili di variazioni - spiega l’on. La Via - ma in linea di massima siamo riusciti a fare in modo che alla Sicilia arrivino circa 6 miliardi per il Fesr (fondo europeo di sviluppo regionale), 2 per il Fse (Fondo sociale europeo) e 1,5 per il Fondo di sviluppo rurale. Rispetto all’idea che c’era di tagliare i fondi, quindi, la nostra battaglia ha avuto successo». 

Ma è proprio a questo punto, approvato il bilancio e dopo che verranno chiusi i pacchetti legislativi, che ognuno dovrà dimostrare di essere in grado di convertire i fondi in azioni di sviluppo. Operazione che all’Italia viene particolarmente complicata soprattutto per quel capitolo di fondi che non rientrano nell’assegnazione diretta, ma che impongono la partecipazione a bandi, in cui la capacità di progettare è fondamentale. «Se pensiamo ai fondi per la Ricerca - dice ancora La Via - qualcosa come 80 miliardi, l’Italia in passato è riuscita ad intercettarne soltanto il 6/6,5%, mentre la Gran Bretagna, ad esempio, ha portato a casa il 15%. Perché? Perché c’è una carenza progettuale da parte delle imprese, una scarsa pianificazione e poca capacità di essere credibili e concreti». 

E se qui l’Italia difetta, la Sicilia crolla addirittura. Per questo Giovanni La Via sottolinea i dati sconfortanti di ieri e la necessità di invertire la rotta per oggi e per domani. «La Sicilia ha percentuali assai più basse. Basti pensare che di quel 6% più dei 2/3 vanno a imprese e istituti di ricerca del Nord Italia. Eppure sono fondi che si potrebbero utilizzare per ricerca, innovazione, per le piccole e medie imprese. Insomma ossigeno per aree come la nostra, che sino a oggi non abbiamo saputo assorbire». 

Il rischio, in sostanza, è che la delegazione italiana abbia combattuto una bella battaglia per strappare risorse straordinarie all’Europa, ma che, ancora una volta, tutto si impantani. E La Via vede una grande palude dalle parti di Palermo. La Regione. «Alle Regioni toccherà il compito di realizzare i Por, i piani operativi regionali, che dovranno poi essere sottoposti a Bruxelles all’approvazione della Commissione. Quindi dal 1° gennaio, di fatto, potrebbero partire i bandi. Potrebbero. Perché mi pare abbastanza complicato che in questi cinque mesi la Regione riesca a completare tutti gli iter, tanto più che scade la programmazione 2007-2013 e noi ci troviamo sotto il 30% di risorse impegnate. In pratica abbiamo l’Europa che rispetta i tempi con straordinaria efficienza e noi che non ne sappiamo approfittare, passando per una delle Regioni meno diligenti, meno puntualie meno attive». 

La Regione, dunque. La Via chiarisce che non entra nel merito delle competenze di chi è stato scelto da Crocetta per questa missione, ma in certe dinamiche sì. «Bisogna evitare di cambiare ancora dirigenti e funzionari, perché i nuovi devono sempre ricominciare da zero. Ci vuole più coraggio, basta tentennamenti legati all’assegnazione dei fondi, se no si resta paralizzati e in perenne ritardo. Bisogna fare i bandi, le graduatorie e assegnare i lavori. Certo controllando a monte, monitorando durante l’iter, ma non con l’assillo di dove finiscono quelle



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