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Cambia il clima e le foreste imparano a risparmiare acqua

Crescono i livelli di anidride carbonica e negli ultimi 20 anni le foreste temperate e boreali dell’emisfero Nord hanno imparato a diventare molto più efficienti nell’utilizzo dell’acqua. Secondo lo studio coordinato da Trevor Keenan e Andrew Richardson della Harvard University e pubblicato su «Nature», il motivo di questa metamorfosi è legato alla fotosintesi, il processo attraverso il quale le piante trasformano la CO2 e l’acqua nelle riserve energetiche necessarie per la loro crescita. 






Per assorbire il biossido di carbonio di cui hanno bisogno, le piante aprono gli stomi, i minuscoli pori presenti sulla superficie delle foglie. È così che acquisiscono anidride carbonica ma, nello stesso tempo, perdono vapore acqueo. In pratica, quindi, attraverso gli stomi regolano la diffusione di questi due gas tra foglie e atmosfera: devono trovare sempre il giusto equilibrio per raccogliere la maggiore quantità di CO2 e trattenere la maggiore quantità d’acqua possibile. Il tasso di assorbimento di carbonio per unità d’acqua persa è l’«indicatore» dell’efficienza di un ecosistema. 

«Adesso, essendo maggiori le concentrazioni di biossido di carbonio, le piante possono aprire meno gli stomi e chiuderli più velocemente, evitando così dispendiose fuoriuscite di vapore acqueo - spiega Keenan, ricercatore di biologia evoluzionistica -. E alla fine, perdendo meno acqua, crescono più velocemente. Del resto per anni i coltivatori hanno pompato l’anidride carbonica nelle serre per accelerare la crescita delle piante stesse». 

Se da tempo diversi studi avevano previsto un uso più efficiente dell’acqua da parte delle foreste, ora il team di Harvard conferma la previsione e, addirittura, svela che gli effetti in natura sono molto più ampi di quelli ipotizzati. «Il processo potrebbe essere considerato un effetto benefico dei gas serra, dato che oggi gran parte degli ecosistemi non hanno abbastanza acqua per raggiungere il massimo potenziale di crescita - aggiunge Keenan -. E, diventando più “bravi” con l’acqua, dovrebbero essere anche in grado di assorbire più CO2». 

Per verificarlo sono stati utilizzati sofisticate strumentazioni, montate su torri: è così che i ricercatori hanno misurato il flusso di anidride carbonica e d’acqua nelle foreste del Nord-Est degli Stati Uniti e in altri ecosistemi dell’Europa. E ovunque il verdetto è stato medesimo. La risposta ai cambiamenti climatici rivela sempre lo stesso trend: le foreste immagazzinano più CO2 e decresce invece la traspirazione, vale a dire la perdita di vapore acqueo. 

«Abbiamo vagliato ogni possibile ipotesi e, in ultima analisi, è questa l’unica possibile spiegazione», conclude Keenan. Il quale sottolinea subito che, se nel breve periodo si tratta di un vantaggio per le foreste stesse, gli effetti negativi, comunque, rimangono. «E, infatti, siamo molto preoccupati per i rischi che corre il nostro pianeta a causa dell’aumento dei livelli di anidride carbonica - dice Richardson -. Non c’è dubbio che, se i livelli continueranno a salire e abbiamo da poco superato per la prima volta nella storia dell’umanità la soglia critica delle 400 arti per milione, l’aumento delle temperature globali e le trasformazioni nel regime delle precipitazioni avranno, già nei prossimi decenni, conseguenze gravemente negative per gli ecosistemi forestali in tutto il mondo». 




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