Ai posteri l’ardua sentenza? Non ci resta che chinare la fronte davanti al destino cinico e baro oppure ci è dato di guardare alla realtà per quella che è, luci ed ombre. Soprattutto le ombre, dove si nasconde ciò che non ci piace, ma anche quel che ha alleviato le nostre pene.
Il commiato di Raffaele Lombardo non riporta indietro l’orologio della storia, né gli fa compiere balzi in avanti. Il tempo non “legge” gli eventi, li accoglie tutti quanti con la stessa indifferenza. Spetta a noi fermarlo, virtualmente, per avere cognizione dei fatti e poterci districare nella loro evoluzione con sufficiente diligenza.

La legislatura dell’Assemblea regionale siciliana è stata caratterizzata da un livello di instabilità notevole. I conflitti hanno riempito le cronache giorno dopo giorno. La riforma costituzionale ha sottratto ai gruppi parlamentari (ed ai partiti) l’elezione diretta del presidente della Regione e la nomina dei membri del governo affidata al presidente. Nelle intenzioni del legislatore, ciò avrebbe dovuto migliorare la governabilità, regalare stabilità e la stessa attività legislativa.
In realtà tutto sembra essere rimasto come prima. La permanenza del presidente della Regione per l’intera legislatura, la sua inamovibilità, non ha affatto aumentato il livello di governabilità, anzi sotto alcuni aspetti l’instabilità è peggiorata. Sia negli anni di Totò Cuffaro che in quelli di Raffaele Lombardo, l’attività legislativa e quella di governo sono state terremotate dalla conflittualità interna ai partiti ed ai gruppi parlamentati, come denunciano in modo incontrovertibile il numero impressionante di passaggi di campo dei deputati, le scissioni, la nascita di nuovi gruppi e partiti. Un turbillon infinito, spia inequivocabile del malessere che la riforma costituzionale non ha guarito (e non poteva guarire). Né il bipolarismo (imperfetto), né l’elezione diretta del presidente hanno eliminato le cause dell’inquietante instabilità che rimandano, probabilmente, alla debole appartenenza.
I conflitti ideologici e politici della Prima Repubblica si sono stemperati così tanto da cancellare valori, principi, passioni, facendo prevalere la quotidianità e, fatalmente, gli interessi di bottega, le corporazioni, il tornaconto. Chi intendesse affidare a Raffaele Lombardo, nel bene e nel male, la lettura degli eventi  commetterebbe un errore grave, tanto grave da non permettere la loro comprensione. C’è una continuità nella storia politica siciliana. Una continuità delle cattive pratiche piuttosto che delle buone.
Le maggioranze e le opposizioni in Sicilia non sono mai state in grado di assolvere al loro ruolo. Una inaffidabilità intollerabile, che è stata aggravata, questo sì, da episodi davvero peculiari, come le scissioni, il cambio di bandiera, l’individualismo esasperato, ma anche da regole parlamentari che hanno mantenuto in capo al legislativo incombenze che appartengono all’esecutivo e, al contrario, lasciando nelle mani del governo (rapporti Ue), competenze che avrebbero dovuto appartenere al Parlamento.
Quanto abbiano influito gli eventi su questa condizione di fondo e se sia stato il contesto ad influenzarli ed esasperali o piuttosto che il contrario, è materia di riflessione.
Vale la pena di ricordare alcuni fatti salienti: l’elezione di Raffaele Lombardo con una coalizione di centrodestra; la scissione del gruppo parlamentare del Pdl promossa da Gianfranco Miccichè e dagli ex An, i finiani Briguglio e Granata; il passaggio all’opposizione del Pdl e la nascita di un nuovo governo con il sostegno esterno del Pd; la scissione dell’Unione di centro con la nascita del Pid, promossa da Saverio Romano, Raffaele Lombardo e Lillo Mannino; il consolidamento dell’asse Mpa-Pd; il dissenso interno al Pd, contrario al sostegno del governo; la formazione del Terzo Polo nell’Isola e la sua alleanza con i democratici; la nascita del nuovo partito di Gianfranco Miccichè, che oggi si chiama Grande Sud; il governo tecnico nominato da Raffaele Lombardo in accordo con il Pd e il Terzo Polo; l’uscita dell’Udc dal governo tecnico e il suo passaggio all’opposizione; la fine del sostegno Pd al governo.
Gli eventi politici hanno cronicizzato i conflitti, ma un peso determinante su di essi ha avuto l’inchiesta giudiziaria della Procura di Catania sul presidente della Regione. Due anni intensi che hanno scandito i tempi della politica, non solo quelli della giustizia. Le dimissioni del governatore sono suggerite proprio dall’inchiesta giudiziaria, anche se allo stato si è in una fase ancora preliminare, la richiesta di rinvio a giudizio da parte della Procura, su cui si dovrà pronunciare il giudice per l’udienza preliminare.