Una lettura capovolta dei dati, dei fatti, dei rapporti istituzionali:Bellolampo non è solo un disastro ambientale, ma un disastro comunicazionale. Informati prima e dopo i pasti dalle note del sindaco sull’evoluzione dell’incendio e sugli interventi in atto – un bollettino a metà fra Caporetto e l’avanzata sul Piave – i palermitani, e con loro tanti siciliani, non sono venuti a conoscenza di ciò che succedeva: notizie contraddittorie e incoerenti e, soprattutto, l’immagine di un’amministrazione comunale di fatto controparte delle agenzie competenti, l’Arpa e l’Asp.

Il Comune ha messo alle corde l’Arpa, il comune pretende chiarezza, il comune vuole la verità. E’ passata una sorta di processo alle agenzie incaricate di bonificare e monitorare le conseguenze del disastro, che il Comune con note ufficiali, addebita alla gestione dell’azienda municipale e alle organizzazioni criminali che tramano a danno della città al fine di impedire che la nuova amministrazione, “di rottura con il passato”, svolga il suo lavoro di pulizia. Priorità, dunque, allo scarico delle responsabilità piuttosto che alla salute dei cittadini.
Il Comune, questa l’immagine prevalente, bacchetta, segnala, ammonisce, mette sul banco degli imputati, denuncia, chiede conto e ragione all’Arpa, l’Asp, la Regione, il governo nazionale. Ma il sindaco, Leoluca Orlando, non è controparte nel disastro ambientale di Bellolampo, è parte e dovrebbe prenderne atto, prima o poi, altrimenti saranno guai per la città, e non solo per la grande discarica palermitana.
Per due settimane circa si è rassicurata la popolazione sull’assenza di pericoli, ci sono stati inviti costanti ad evitare inutili e ingiustificati allarmismi. Qualche giorno fa le analisi dell’Arpa hanno dimostrato che invece c’erano giustificati motivi per temere conseguenze, perché per molti giorni – sette o otto – migliaia di abitanti della zona di Boccadifalco, un popoloso quartiere di Palermo, hanno respirato i veleni delle diossine, essendo stati esposti a valori cinque volte superiori a quelli consentiti (550 fentogrammi di diossina per metro cubo, cinque volte maggiore del valore guida di 100 stimato per un anno).
Il Comune protesta perché le prime analisi sui campioni erano rassicuranti, ma dalla lettura attenta della relazione dell’Arpa emerge in modo chiaro che non avrebbero dovuto né potuto rassicurare alcuno. Nella relazione si afferma, infatti, che per ottenere campioni utili si sarebbe dovuto attendere che le analisi effettuate non erano idonee a stabilire di fatto il livello di rischio diossine (ed altri agenti) nell’atmosfera. Le informazioni erano, dunque carenti, perché i tempi tecnici non avrebbero consentito risultati consolidati. Se è così, c’era bisogno di cautela nelle rassicurazioni, accanto ad un’azione di protezione e prevenzione.
“E’ stato sottovalutato il disastro”, denuncia il deputato regionale Pd Pino Apprendi, ex Vigile del Fuoco, “siamo passati da dichiarazioni che parlavano di semplice vapore acqueo a lievi esalazioni tossiche”. Il Movimento 5 Stelle, dal canto suo, suggerisce una immediata mappatura di aziende e percorsi di distribuzione dei prodotti agricoli e di derivazione animale. E’ questo il lavoro che spetta al comune di Palermo, il resto – delinquenti e mafie –  è compito degli organi inquirenti scovarli, altrimenti non si capisce niente, chi deve fare che cosa.