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LETTERA APPELLO DI UNA PRECARIA AL PRESIDENTE CROCETTA E ALLE ISTITUZIONI '' IL LAVORO E' VITA ''

Al Presidente Regione Siciliana On. Rosario Crocetta e p.c. Al Presidente dell’Assemblea Regionale Siciliana Ai Parlamentari regionali All’Assessore al Lavoro PALERMO Agli Organi di Stampa OGGETTO: Il lavoro è vita. Caro Presidente Sono una precaria, una dei tanti precari degli enti locali siciliani, quelli tanto vituperati dall’opinione pubblica italiana, quelli che rappresentano un costo per la collettività, quelli che sono “fortunati” perché lavorano da 23 anni dentro le amministrazioni pubbliche senza aver fatto un concorso, quelli che impediscono il ricambio generazionale, quelli che al di là dell’impegno e dell’abnegazione che possono mettere nel prestare la loro attività lavorativa rimangono comunque “precari”, ossia incapaci, inaffidabili, inefficienti. Se nel settembre del 1991 avessi potuto sapere quale sarebbe stato il percorso che avrebbe seguito la mia vita lavorativa sicuramente
non avrei presentato quella domanda all’ufficio di collocamento per partecipare al bando presentato da una Cooperativa che doveva effettuare un censimento per conto del Comune di Valderice. Ma sei hai 22 anni e vivi in un territorio dove le opportunità di lavoro sono quasi nulle, diviene normale, mentre aspetti di poter partecipare a dei concorsi, accettare di fare un lavoretto per un anno, dici a te stessa che è utile per guadagnare qualcosa e fare una prima esperienza. Se poi alla fine di quell’anno ti si offre la possibilità di continuare per un altro, per le stesse motivazioni di prima, accetti. Poi ne passano 15 di anni e nel frattempo hai messo su famiglia, hai quasi 40 anni per cui diventa difficile pensare di staccare la spina per andare lontano a cercare fortuna. Allora cominci a coltivare l’idea che ciò che ti hanno fatto credere (avere un lavoro stabile) potrebbe, … dovrebbe diventare realtà, d’altra parte adesso hai acquisito professionalità, lavori all’interno di una pubblica amministrazione e non sei più un mero supporto ma reggi servizi, hai un contratto di lavoro seppur a tempo determinato e part time. Non puoi non notare che prima di te altri hanno seguito quel percorso, hanno tribolato per alcuni anni ma alla fine si sono ritrovati dipendenti a tempo indeterminato e non erano diversi, non erano speciali si sono solo trovati nel posto giusto al momento giusto ed hanno smesso di essere “precari”. Quando tutto ciò è avvenuto, diviene ancora più duro accettare che per te è stato scritto un destino diverso: dopo oltre 20 anni devi andare a casa solo perché la legge con la quale sei stato contrattualizzato prevede che il contributo da parte della Regione sia arginato a 10 anni. Dopo la prosecuzione è possibile ma a spese dell’Ente che ti ha utilizzato, come dire: “io non ti uccido ma lascio che tu muoia”. Sarebbe anche normale chiamare all’assunzione di responsabilità gli enti locali che in questi anni hanno beneficiato di tale personale se però, nel frattempo, non si continuasse a ridurre loro i trasferimenti e non si imponessero norme finanziarie rigidissime. Produrre leggi regionali che prevedono la stabilizzazione dei precari, in presenza di norme statali che vietano l’assunzione e richiedono la progressiva riduzione delle spese di personale significa offendere l’intelligenza dei precari. Eppure in passato, in altre regioni d’Italia, la legge finanziaria 2007 (L.269/2006 – art. 1, comma 519) ha consentito di svuotare il bacino del precariato, disponendo una serie di misure per la stabilizzazione del personale non di ruolo impiegato nelle pubbliche amministrazioni e volendo sarebbe possibile produrre una norma, opportunamente studiata dall’Ufficio Legislativo della Regione (onde evitare eventuali impugnative del Commissario dello Stato) che, sfruttando il comma 11 dell’art. 17 del decreto legge 78/2009 convertito in legge 102/2009, preveda procedure concorsuali speciali finalizzate all’inserimento dei precari, superando il limite del D.Lgs. 165/2001 e l’ipotesi della mera riserva del 40%, atteso che in presenza di tali vincoli nessun Ente è nelle condizioni di esperire concorsi. Puntualizzo di avere scritto: “sarebbe possibile”, … se vi fosse la volontà politica di risolvere la problematica del precariato piuttosto che l’intento di eliminare i precari, intento ovviamente nobile perché finalizzato ad attuare una politica di contenimento della spesa pubblica visto che le casse dello stato, della regione, dei comuni sono vuote. Che tristezza, percepire di essere considerati un peso di cui tutti vorrebbero liberarsi! Ma poi quelle casse sono davvero vuote? Come mai allora parlamentari e alti burocrati continuano a percepire indennità così alte? Come mai è possibile concedere ai partiti somme esorbitanti per rimborsi elettorali anche quando questi stessi partiti non esistono più? Come mai si possono concedere pensioni d’oro e vitalizi da nababbi? Parole come spending review servono a legittimare lo sfruttamento del più debole che pur non essendo responsabile del disastro economico in cui ci si trova deve pagare ancora di più per continuare a garantire i privilegi ai colpevoli. La società si basa su un sistema deplorevole che garantisce un equilibrio, anche se solo apparente, e in funzione di tale sistema accade che i privilegi dei “pochi” sono garantiti dalle privazioni dei “tanti” Non è un sistema equo ed apprezzabile, eppure è stato tollerato, forse per inerzia o per la grande capacità di sopportazione che contraddistingue i deboli ma è folle pensare che possa continuare a reggere se si lascia che il debole divenga disoccupato. A quel punto non ci sarà sopportazione che tenga il giocattolo si romperà e i danni saranno tanto per i deboli quanto per i privilegiati. Caro Presidente, nei mesi scorsi ho accolto con speranza la sua rassicurazione nel dire “che non avrebbe fatto macelleria sociale, che non avrebbe mandato a casa alcun precario che con i suoi 500 euro al mese doveva comprare il latte per i propri figli” ma converrà che non sono sufficienti le rassicurazioni, occorre intervenire con le norme che l’ARS deve approvare, che il Commissario dello Stato non deve impugnare, con norme che debbono avere la dovuta copertura finanziaria. Tergiversare di fronte ad un impellente richiesta di incontro, nella speranza che chi sta chiedendo desista, non fa onore a chi è chiamato a rappresentare il popolo. Le innumerevoli telefonate fatte dalla mia collega Cettina ai suoi più stretti collaboratori, durante il mese di dicembre quando incombeva su di noi la scure della scadenza del contratto, per chiederLe un incontro e le altrettanto numerose dichiarazioni di disponibilità, mai concretizzatesi, hanno determinato in me una crescente disaffezione mista a sconforto. La notte del 29 dicembre 2012, dentro quell’aula consiliare che per 24 giorni è divenuta la nostra gabbia, ho compreso perché non aveva trovato, forse non aveva voluto trovare 30 minuti da dedicare ai precari di Valderice, i precari dalle magliette azzurre con la scritta “IN SCADENZA AL 31.12.2012”. La tanto attesa modifica della L.R. 27/2007, chiesta a tutti i candidati all’ARS e a Lei stesso durante la campagna elettorale infatti non era nemmeno ipotizzata, solamente una generica prosecuzione di 4 mesi, certamente utile per far rimanere accesa una fiammella che diviene però ogni giorno sempre più fioca. Comprendo che l’esistenza di tante tipologie di precari con scadenze diverse, con normative differenti determina una grande confusione ed è possibile che ci si possa, più o meno involontariamente, dimenticare di qualche gruppo che rischia però di ritrovarsi escluso da qualsiasi possibilità. Mandare a casa 22 mila precari determinerebbe uno scontro sociale insostenibile ma liquidarne 400 una volta, 500 un’altra volta, 300 un’altra ancora non comporta grossi rischi e comunque nel giro di alcuni anni si raggiunge l’obiettivo: fuori i precari dagli Enti Locali. Probabilmente le varrebbe come merito, sarebbe apprezzato e ricordato in tutta l’Italia per essere stato il Presidente della Regione Sicilia che ha fatto diminuire i dipendenti pubblici siciliani, poco importa se questi disoccupati di fatto si sommerebbero ai tantissimi che affollano le nostre famiglie e finirebbero inevitabilmente per crearne di altri. Di fronte a questo scenario mantenere integra la dedizione al lavoro, con la consapevolezza che ciò non sarà sufficiente per affrancare la propria immagine, né per conservare il proprio lavoro, diventa ogni giorno sempre più difficile ma questo non possono comprenderlo i Parlamentari, chiusi nel loro “Palazzo delle Favole”, lì non arrivano gli echi della disperazione del cittadino, da lassù il cittadino appare così piccolo, quasi insignificante da non meritare attenzione. Chissà se qualcuno si è mai chiesto dove va il cittadino, quando non trova le risposte dalle Istituzioni? Reputo opportuno citare un passaggio tratto dal libro del Procuratore Pietro Grasso e Francesco La Licata, “Pizzini, Veleni e Cicoria”: durante un interrogatorio ad un collaboratore, reggente del mandamento di Palermo, Grasso chiese quando sarebbe finita la mafia ed il mafioso rispose con un aneddoto: “Dottore, un mese prima di essere arrestato fui contattato nella latitanza da un giovane onesto e incensurato. Poteva avere 28 anni. Venne da me e mi raccontò che era scappato con la fidanzata e aveva una bambina di otto mesi che piangeva per la fame. Mi chiese se lo potevo aiutare. Gli risposi di andare in un certo cantiere e rivolgersi a nome mio al costruttore, che certamente lo avrebbe assunto. Cosa che avvenne: ottenne il lavoro, anche se sottopagato e in nero. Dopo un certo tempo ritorna per dirmi: le sono grato, la bambina sta bene, mangia. Cosa posso fare per lei? E io gli dissi: dammi i tuoi documenti”. La parabola del pentito si chiude con questa osservazione: “ Vede dottore, finchè quel ragazzo viene da me e non da voi, la mafia non finirà mai.” Si capisce così perché per Cosa Nostra sia importante anche il controllo del lavoro. Finchè potrà risolvere problemi del genere non perderà mai il consenso sociale. Così come si comprende che un giovane tendenzialmente onesto per bisogno si possa trasformare in favoreggiatore di un pericoloso latitante. La Sicilia ha bisogno di cambiare. Noi abbiamo bisogno di un Presidente che trovi il tempo di ascoltarci. Valderice, 21 gennaio 2013 Lavoratrice precaria - ex art. 23 del Comune di Valderice Pina Santoro

1 commento:

  1. Le mie parole potranno sicuramente sembrare dure a qualcuno ma so che da molte persone saranno sicuramente apprezzate o quantomeno condivise. Voi precari siciliani, pretendete la stabilizzazione di un lavoro che per lunghi anni vi è stato praticamente regalato proprio perchè non vi siete sottoposti a nessun concorso. Concordo con voi, che non è soltanto colpa vostra ma di tutta una classe politica che ve lo ha permesso creando un vortice di depressione sociale e un vuoto lavorativo che costringe moltissime persone laureate e non a dover cercare altrove. Spero che nessun Presidente accordi mai le vostre richieste e che invece rimetta in ballo quei posti che voi occupate indicendo dei regolari concorsi. Chi è più meritevole riuscirà a vincere e a meritarsi veramente quel posto.
    Laureata disoccupata.

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