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Regione e Comuni in crisi: a rischio seimila posti di lavoro


Non c'è solo la Gesip: all'orizzonte molte vertenze legate al crac di Ato rifiuti, società partecipate, trasporti locali, formazione professionale. A Messina i netturbini non prendono lo stipendio da un anno. L'allarme dei sindacati: "La cassa integrazione non basta più"


'è la spending review. Ci sono i Comuni a rischio dissesto finanziario. E gli Ato rifiuti che stanno chiudendo i battenti per transitare verso nuove società dai contorni (e dalle piante organiche) ancora tutti da definire. Senza dimenticare la crisi delle aziende di trasporto pubblico. Un calderone di tante piccole e grandi vertenze che ricordano da vicino la vicenda della Gesip e che, stando a quanto stima la Cisl Sicilia, potrebbero riguardare ben seimila lavoratori collegati al settore pubblico.

Un esercito di potenziali disoccupati che nei prossimi mesi potrebbero ritrovarsi a bussare alle porte di Palazzo d'Orleans. Per chiedere, come stanno facendo in questi giorni gli operai Gesip, un allargamento dei cordoni sempre più stretti di cassa integrazione e mobilità. Peccato però che proprio queste categorie sono rimaste escluse dall'ultimo accordo quadro sugli ammortizzatori sociali.

"Finora i politici hanno scaricato tutte le emergenze sulla cassa integrazione  -  accusa Maurizio Bernava, segretario della Cisl siciliana  -  ma se nel 2012 avevamo circa 200 milioni per gli ammortizzatori in deroga nell'Isola, quest'anno ci sono solo 129 milioni. E già oggi non bastano a coprire tutte le richieste". Per queste ragioni, nei giorni scorsi, dodici tra sindacati e organizzazioni di categoria hanno scritto alla Regione opponendosi al ricorso alla cassa integrazione per i 1.787 operai della Gesip, così come richiesto dal Comune di Palermo e dal ministero del Lavoro. "Quella della Gesip non è l'unica emergenza che dobbiamo affrontare  -  dice ancora Bernava  -  e non è possibile immaginare di risolvere tutte le crisi con la cig. Chi lo dice prende in giro i lavoratori. Occorrono soluzioni alternative". 

C'è il mega-capitolo delle società partecipate in liquidazione o che dovranno essere accorpate o ristrutturate. Solo alla Regione, Crocetta ha annunciato la riduzione delle partecipate da 34 a 21. Stando ai dati della Corte dei conti, su 164 società partecipate da Comuni e Province dell'Isola, ben 62 erano in liquidazione già nel 2011. Un numero destinato a salire per effetto della spending review, che impone agli enti locali di mettere in liquidazione buona parte delle partecipate entro il 2013 per affidare poi i servizi ai privati. In tutto, secondo i sindacati, questi processi toccano circa 7 mila lavoratori. Molti dei quali rischiano di non venire riassorbiti, almeno nell'immediato.

Potrebbe essere il caso, per esempio, dei circa 650 dipendenti di Catania Multiservizi o degli 87 impiegati della Gelas Multiservizi, da mesi in agitazione per i ritardi nel pagamento degli stipendi. Protestano da mesi contro le paghe che non arrivano anche i 600 dipendenti dell'Atm, l'azienda pubblica di trasporti di Messina, che fa i conti con un Comune a rischio dissesto: "L'Atm è uno dei diversi casi dell'emergenza nel settore dei trasporti pubblici  -  aggiunge Bernava  -  a cominciare dall'Ast. A oggi contiamo almeno mille lavoratori a rischio".

Ci sono poi gli Ato rifiuti, un universo di circa 13.500 unità tra dipendenti diretti e delle ditte collegate. La riforma del 2010 li ha cancellati per far posto, entro la fine del 2013, alle nuove società consortili di Comuni. Una riforma che il governo Crocetta potrebbe rivedere, mantenendo comunque la sostanza: la chiusura degli Ato con conseguente licenziamento dei dipendenti. Le prime procedure di mobilità sono già cominciate, come nel caso dei 225 netturbini dell'Ato Palermo 5. E i sindacati temono che nel processo di transizione restino a spasso 1.500 lavoratori: "Noi speriamo che tutti vengano riassorbiti  -  dice Claudio Di Marco, della Cgil  -  ma il rischio c'è. Già oggi abbiamo situazioni come quella dell'Ato Messina 2, dove il personale non prende lo stipendio da un anno". 

Infine, il bubbone della formazione professionale: "Non sappiamo in che direzione andrà la riforma annunciata da Crocetta  -  dice Bernava  -  ma già tra il 2010 e il 2011 tremila operatori hanno avuto bisogno della cassa integrazione, prima di venire riassorbiti". Un'emergenza che potrebbe ripresentarsi
.Repubblica Palermo

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