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Bilancio regionale 2013: probabile una mega impugnativa


Sul bilancio della Regione siciliana 2013 si continua a navigare nel buio. Una flebile luce si è accesa nella tarda serata di ieri quando negli uffici dell’Ars si è materializzata una ‘mezza’ nota di variazioni al bilancio. Si tratta solo di una parte dei documenti finanziari che l’assessore regionale all’Economia, Luca Bianchi, avrebbe dovuto inviare a Palazzo Reale, sede del Parlamento dell’Isola, sette giorni fa. Ieri, dopo le proteste di alcuni parlamentari, il Governo ha partorito una nota di variazioni al bilancio che, da sola, non significa assolutamente nulla.
Che sta succedendo? Tante le cose che succedono. Una più brutta dell’altra. La prima cosa è che il Governo e gli uffici dell’assessorato regionale all’Economia sono in grande difficoltà. Mettere giù un bilancio con due miliardi di euro di ‘buco’ (un miliardo a valere sullo scorso anno e un altro miliardo di euro di amando per quest’anno) è un’impresa. Se a questo aggiungiamo la follia del Fiscal Compact, ovvero lo scippo di 800 milioni di euro alla Sicilia disposto dal Governo Monti per alimentare le banche e la finanza ‘creativa’ (cioè speculativa) europea la ‘frittata’ è assicurata.
Insomma, togliere 800 milioni di euro ai forestali, alla formazione professionale, ai precari della Regione e degli Enti locali per la bella faccia del Governo Monti, delle sue banche fallite e della finanza dello spread a noi sembra una totale follia. Ma su questo punto, per motivi che ignoriamo, il Governo della Regione ha preferito – almeno fino ad ora – non scatenare un ‘bordello’ contro Roma. 
Pur con tutta la buona volontà dei dirigenti dell’assessorato all’Economia, che non difettano certo di fantasia, lo scenario è drammatico. A dimostrarlo è proprio la striminzita, quasi ‘anemica’ nota di variazioni al bilancio recapitata ieri all’Ars. Non c’è bisogno di essere particolarmente esperti su questa materia per capire che, in questa nota, manca almeno mezzo bilancio regionale. Dov’è finita l’altra metà?
Semplice: l’altra metà del bilancio regionale 2013, per la prima volta nella storia dell’Autonomia siciliana, finirà in una finanziaria che si annuncia piuttosto ‘pesante’. In pratica, la parte del bilancio che dovrebbe riguardare, per lo più, il finanziamento della ‘macchina’ regionale (stipendi dei dipendenti, spese obbligatorie e via continuando) finirà nella nota di variazioni, che dovrebbe essere al riparo da impugnative, anche perché la copertura finanziaria è assicurata.
Tutto il resto (a quanto pare anche i costi dell’Ars, che il Governo vorrebbe ridurre drasticamente), finirebbe nella finanziaria dove l’incertezza sulla copertura finanziaria regna sovrana. Su questo punto è difficile fare previsioni, anche perché non si conosce ancora con esattezza, a parte le solite chiacchiere, come il Governo avrebbe affrontato il ‘buco’ di 2,8 miliardi di euro.
Da quel poco che si riesce a capire, il Governo e l’Ars si accingono ad approvare una manovra che, come avvenuto lo scorso anno, verrà ‘flagellata’ dal Commissario dello Stato. La storia raccontata dall’assessore Bianchi sull’applicazione dell’articolo 37 dello Statuto è una bufala. Di un gettito di almeno 4 miliardi di euro – a tanto dovrebbe ammontare la somma che la Sicilia dovrebbe ricevere dallo Stato con l’applicazione dell’articolo 37 dello Statuto, come ha spiegato la scorsa settimana il professore Massimo Costa, intervenendo alla trasmissione televisiva ‘L’angolo di LinkSicilia’ – l’assessore Bianchi ha promesso l’arrivo di 50 milioni di euro. Ma, a quanto pare, non arriveranno nemmeno questi.
Con i tagli ‘selvaggi’ romani che incideranno per il 95 per cento sulla spesa corrente (ovvero, sulle indennità di chi, pur non essendo dipendente della Regione, vive grazie ai fondi regionali), si procede a gonfie vele verso una crisi sociale le cui proporzioni non sono ancora immaginabili. Proprio perché i settori toccati dai tagli saranno tanti.
Di fatto, per dirla in parole semplici, sarà l’ufficio del Commissario dello Stato a riportare alla realtà una politica siciliana che fa finta di non avere contezza di quello che succederà nelle prossime settimane in Sicilia se la finanziaria non verrà ‘riempita’ con soldi veri.
La sensazione – lo ribadiamo – è che l’ufficio del Commissario dello Stato analizzerà la manovra che verrà approvata dall’Ars con l’articolo 81 della Costituzione tra le mani. Lo ripetiamo: tra debiti da ‘spalmare’ (che comunque hanno un costo) e il taglio secco di 800 milioni di euro imposto da Roma, saranno tanti i settori che subiranno una decurtazione sostanziale. E siccome questi tagli non riguarderanno la spesa in conto capitale, ma la spesa corrente, i contraccolpi sociali potrebbero essere violenti.
Come abbiamo scritto ieri sera, sarebbe stato più corretto, invece che nominare all’assessorato all’Economia un signore romano, affidare questa delega a un siciliano con un mandato preciso: difendere la Sicilia, anche a costo di una rottura con Roma. Cosa che, fino ad oggi, non è avvenuta. Ma i nodi, frutto di una scelta politica a nostro avviso sbagliata (o forse non libera?), stanno arrivando al pettine. Ormai è solo questione di giorni.



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