Qualcuno ha detto che solo gli stolti non cambiano mai idea. Qualcun altro, però, ha aggiunto: est modus in rebus (in tutto c’è una misura).
Ma all’Assemblea regionale, quanto a misure, sembra che non si conoscano ne le intere ne le mezze. Allora, tra chi in anni di attività politica è rimasto fedele al proprio partito di appartenenza, c’è anche chi a cambiare idea si è dato un gran da fare. Sembra che al Parlamento siciliano, più che contare l’ideologia e la visione politica, contino le promesse e le carriere.

E basta mettere insieme la lista dei ribaltoni per capire che l’area più turbolenta è stata quella di centro e di centro destra.
Pdl e Udc sono i due partiti che più  di tutti hanno risentito della nascita, dal loro interno, di altre correnti, dalle quali in seguito si sono formati veri partiti.
Un esempio è quello che è successo sulla scia della vicenda romana tra Gianfranco Fini e Silvio Berlusconi. Subito dopo la nascita di Futuro e libertà per l’Italia, anche al parlamento regionale un gruppo di deputati si è staccato dal Pdl per confluire nella versione regionale del partito del presidente della Camera. Quattro quelli che, rimasti fedeli alla vecchia Alleanza nazionale, hanno detto addio al partito di Berlusconi: tra questi l’ex candidato a sindaco di Palermo, Alessandro Aricò, e l’attuale capogruppo di Fli all’Ars, Livio Marrocco.
Ma i numeri che hanno guastato gli equilibri del centrodestra sono altri: per l’esattezza, nel 2008 i parlamentari eletti nelle fila del Popolo delle libertà erano 33. Ad oggi, invece, se ne contano solo 18. Ben quindici hanno lasciato il Pdl, compresi i quattro che hanno aderito a Fli, per mettere le casacche targate Udc, Grande Sud, Pid, Mps e Mpa.
E tra chi ha scelto di abbracciare il partito cui appartenne anche Totò Cuffaro, c’è anche Giulia Adamo, sindaco di Marsala.
La Adamo si è dimostrata tra le più “movimentiste”: al suo primo ingresso a Palazzo dei Normanni viene eletta in lista con Forza Italia, poi divenuta Popolo delle libertà. Lei però, nel frattempo, forse anche delusa per una mancata nomina ad assessore, si avvicina a Gianfranco Miccichè, che insieme a finiani ed ex forzisti, separa il Pdl Sicilia dalla linea nazionale del partito. La Adamo diventa subito il nuovo presidente del gruppo ma, non contenta, nel 2010 passa all’Udc, di cui è capogruppo all’Ars, dopo un breve trascorso da coordinatrice provinciale.
E se i parlamentari siciliani del partito di Casini hanno preso esempio dalla loro capogruppo, si spiega come mai, in quattro anni di legislatura, l’Udc abbia perso 8 degli iniziali 11 deputati. La maggior parte di loro ha lasciato lo scudo crociato per aderire al Pid di Saverio Romano, il cui gruppo all’Ars è nato nel gennaio 2011, e che ora conta quattro membri.
Certo è che la rappresentanza dell’Udc all’Assemblea regionale sarebbe ormai ridotta all’osso, se non fosse che per ognuno degli otto che hanno lasciato, un altro arrivava in casa Udc, ricoprendo così tutti i posti vacanti. Più uno: a fine legislatura, infatti, i deputati del gruppo hanno raggiunto quota 9.
Tra chi ha riempito i seggi rimasti vuoti c’è anche Salvatore Lentini, provenienza Mpa, famoso anche lui per i numerosi cambi di casacca, tanto da essersi meritato il soprannome di ‘stigghiolaro’, che gli diede proprio l’ex governatore, Raffaele Lombardo. Sì perché Lentini, dopo essere stato eletto nelle liste dell’Mpa, finisce all’Udc, poi ci ripensa per un po’ e torna all’Mpa, infine di nuovo all’Udc.
Lentini però non è solo. Tra i ‘convertiti’  all’unione di centro ci sono anche Francesco Musotto e Raffaele Nicotra, entrambi berlusconiani ‘pentiti’. Musotto, in particolare ha un curriculum di cambi di tutto rispetto. Socialista, poi forzista, confluisce nel Pdl per poi passare, anche lui, nell’Mpa. Ma Lombardo non mantiene la promessa di affidargli il ruolo di segretario del partito in Sicilia, e allora passa al gruppo misto per poi, di recente transitare nell’Udc.
Nel Pd, gruppo di maggioranza all’assemblea, si contano ‘solo’ quattro fuoriuscite. A lasciare il partito, Mario Bonomo, passato all’Mps di Riccardo Savona, Giuseppe Picciolo, che ha aderito all’Mpa di Lombardo giusto qualche giorno fa, e per finire Gaspare Vitrano e Cataldo Fiorenza, che sono finiti al gruppo misto, che con loro conta cinque parlamentari.
Apparentemente niente da dichiarare in casa Mpa: 15 erano i deputati inizialmente, 15 sono adesso. Questo si potrebbe dire, se non si guardassero i nomi, cinque dei quali sono diversi da quelli che si trovavano nel 2008. Sì perché sono cinque i parlamentari che hanno abbandonato Lombardo: tra loroMarianna Caronia, altra ‘confusa’ che è passata al Pdl, poi si è dichiarata indipendente, ma nel maggio 2010 è passata all’Udc e infine, non ancora soddisfatta, al Pid. Poi Marco Forzese e Lentini.
Cinque, però, sono anche quelli che si sono aggiunti al partito di Lombardo, che tra gli altri ha guadagnato  Antonio D’Aquino (Pdl) e Mario Parlavecchio, provenienza Udc.
C’è, comunque, tra tutti, un parlamentare che merita un cenno particolare.
È Cateno De Luca, dimissionario recente da Palazzo dei Normanni. Lui la sua carriera l’ha cominciata nell’Udc, ma poi è passato all’Mpa, con il quale è entrato all’Ars nel 2006. Nel 2008 poi ha costituito il suo gruppo, “Sicilia Vera”, passando, negli anni da parlamentare, dall’Mpa al gruppo misto, dal Pdl a Forza del sud, per (infine) tornare al misto. Poi si è dimesso.
Ma questo è successo solo qualche giorno fa, De Luca è giovane e,  se il principio è che “solo gli stolti non cambiano mai idea”, si direbbe molto intelligente.