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Incendi, per Legambiente Sicilia sono dolosi ed è colpa dell'assenza di prevenzione


Gianfranco Zanna, direttore regionale dell'associazione: "Sono appiccati da delinquenti approfittando del caldo che alimenta il fuoco, e per le ragioni più diverse: dal forestale non riassunto che vuole vendicarsi agli speculatori, dai pastori a quelli che non amano le riserve naturali"
Altro che cambiamenti climatici: gli incendi siciliani "sono dolosi, appiccati da delinquenti approfittando del caldo che alimenta il fuoco, e per le ragioni più diverse: dal forestale non riassunto che vuole vendicarsi agli speculatori, dai pastori a quelli che non amano le riserve naturali". Lo dichiara all'Adnkronos Gianfranco Zanna, direttore regionale Legambiente Sicilia, per il quale "il colpevole vero è da cercarsi nell'assenza di prevenzione".
Poi c'è la questione dei cosiddetti 'fuochi di confine', ovvero quelli che iniziano in una zona demaniale, di competenza quindi della Regione, ma sui quali dovrebbero intervenire anche i singoli comuni, secondo i Piani di base antincendio, allo scopo di cisrcoscriverli e fare in modo che non arrivino alle case, limitando l'incendio laddove non possa fare danni alle persone. "Invece, sistematicamente, il fuoco minaccia le abitazioni, come è accaduto a San Vito, perché i piani comunali sono stati adottati solo sulla carta e non vengono mai applicati", denuncia Zanna.
"Visto che non si può controllare il territorio metro per metro, di giorno e di notte, l'unica arma a nostra disposizione è la prevenzione che, se non elimina gli incendi, sicuramente li rende più gestibili. Eppure, anno dopo anno succedono le stesse cose ma non si fa mani niente", spiega Zanna.
Secondo il direttore regionale Legambiente Sicilia "con gli anni la situazione non fa che peggiorare, perché incendio dopo incendio resta sempre meno territorio da bruciare e cresce la minaccia per le riserve". Come dimostra l'incendio dello Zingaro, la prima riserva naturale in Sicilia salvata dalla speculazione grazie alla sollevazione popolare del 1980. L'incendio di quest'area, celebre per la macchia mediterranea ma anche per i recenti avvistamenti di aquila reale, ha causato "danni ancora da quantificare", aggiunge Zanna.
E da due giorni bruciano i Nebrodi. Da tempo gli ambientalisti siciliani chiedono prevenzione e un magggior coordinamento tra Forestale, Vigili del Fuoco, Protezione Civile e volontari e propongono il 'modello Aspromonte': dividere il territorio in zone da affidare ad associazioni di volontariato. "In Aspromonte ha funzionato provocando l'abbattimento del 70% degli incendi, grazie al senso di responsabilità dei volontari coinvolti".

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