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Parchi regionali e foreste, Italia Nostra: 'Pasticci della Regione'


IVG.it
Finale Ligure - zona boschiva Calvisio
Liguria. Italia Nostra, tramite il suo consiglio delle sezioni liguri, rinnova le sue fortissime critiche ai recenti provvedimenti della Regione Liguria in materia di beni naturali. “Una strampalata disposizione contenuta nella legge regionale n. 48, approvata il 20 dicembre 2012, ha previsto, in nome della spending review, di accorpare a partire dal 30 settembre prossimo in un unico “Ente Parchi Liguri” i sei enti parco regionali di Portofino, Montemarcello-Magra, Beigua, Antola, Aveto, Alpi Liguri. Ma si tratta di enti che per statuto già prevedono la partecipazione gratuita dei componenti dei relativi organismi, a parte i presidenti”.
“E’ stato dunque un grossolano errore, prendendo a pretesto un decreto-legge dell’autunno scorso del governo Monti (in materia di finanza degli enti locali), sostenere che fosse obbligatorio procedere alla fusione dei vari enti parco sparsi su tutto il territorio regionale; infatti il decreto-legge statale non prevede affatto la soppressione degli enti parco regionali; la Liguria infatti è l’unica che ha percorso questa strada, mentre regioni come Lombardia, Lazio, Piemonte, Marche, Sicilia, Toscana, Veneto, non hanno in previsione alcun accorpamento o soppressione degli enti parco in quanto tali”.
“L’amministrazione regionale, nell’interpretare malamente le disposizioni statali, ha creato una situazione kafkiana; dopo essersi accorti di aver ottemperato ad un obbligo inesistente, ora nessun assessore o dirigente vuole far retromarcia, e rimediare al pasticcio, per non fare la figura dell’incompetente”, sottolinea Italia Nostra.
“I nostri parchi sono realtà troppo differenti una dall’altra, dotati tutti di proprie regolamentazioni fondate sulle relative specificità, funzionanti ormai da molti anni”.
“Inoltre il 20 marzo scorso il Consiglio Regionale ha maldestramente modificato la propria legge forestale del 1999, peggiorando la normativa regionale in materia di gestione dei boschi. Con questa legge regionale (in corso di pubblicazione) si sono limitate le possibilità di rimboschimenti compensativi, nelle aree adiacenti, in caso di interventi edilizi nei boschi. In pratica si è escluso a priori che la trasformazione, anche con interventi urbanistico-edilizi, del bosco (quella sotto i 500 metri quadrati) sia assoggettabile ad una compensazione forestale; un decreto legislativo nazionale del 2001 prevede invece che in caso di trasformazione d’uso della superficie boscata “deve essere compensata da rimboschimenti con specie autoctone, preferibilmente di provenienza locale, su terreni non boscati”.
“Per Italia Nostra è assurdo contemplare la possibilità di affidamento del patrimonio forestale di proprietà regionale anche ad imprese forestali private. Infatti il patrimonio forestale regionale deve assolvere a compiti di tutela della biodiversità, protezione dei beni naturali, difesa del suolo, fruizione controllata da parte della collettività, e tali obiettivi sembrano incompatibili con le esigenze di profitto di imprese private”.
“In difesa di queste scelte si registrano delle confusissime dichiarazioni dell’assessore regionale Barbagallo e di altri consiglieri regionali, con cui sostanzialmente si afferma che la superficie boscata ligure è già sin troppo vasta e che occorre far spazio all’agricoltura; non si comprende cosa c’entri l’agricoltura con la svendita della legna dei piccoli boschi di proprietà pubblica (poche migliaia di ettari), la metà dei quali peraltro ricade nei parchi regionali del Beigua e dell’Aveto”.
“Purtroppo la Liguria è ricca soprattutto di “boschi poveri” (estensioni di conifere spesso attaccate dalla cocciniglia del pino, o castagneti a ceduo abbandonati), che non assolvono a sufficienza il ruolo di difesa del suolo; intaccare i pochi boschi d’alto fusto, per di più di proprietà pubblica, è dunque sintomo di non conoscenza dei problemi per non dire di involuzione culturale in campo ambientale. Salvo poi lamentarsi del dissesto idrogeologico nelle aree ove si sono operati tagli a casaccio su pendii franosi. Infine l’aver stabilito che la realizzazione di piste e strade forestali non costituisce mutamento di destinazione d’uso viola la normativa statale prevista dal Codice dei Beni culturali e del Paesaggio del 2004”.

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