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“Le elezioni non fermeranno la ‘rivoluzione’ di Crocetta”


“Il cambiamento, in politica, una volta che è stato messo in moto, non si può fermare. E, soprattutto, non si può bloccare alle porte di un appuntamento con gli elettori”.
Con Tommaso Lima, coordinatore provinciale di Palermo del “Megafono”, il Movimento che fa capo, affrontiamo alcuni temi dell’attuale momento politico. Nelle scorse settimane abbiamo già fatto una chiacchierata a trecentosessanta gradi con questo psichiatra dalla storia politica particolare: tutta la gioventù nelle file el movimento giovanile del vecchio Pci, vita di sezione, come si usava dire negli anni Settanta e nei primi anni Ottanta, anche se più dal punto di vista culturale che politico. Poi una lunga pausa tra università e lavoro.

Oggi il ritorno al mondo della politica. Accanto a un uomo politico un po’ anomalo e, per certi versi, di non facile ‘lettura’. Un po’ complicato seguire l’attuale capo della giunta regionale Rosario Crocetta. In certi momenti, come in questo avvio di campagna elettorale, sembra ‘allineato e coperto’ con il Pd. Poi, però, improvvisamente, ecco una mossa che sembra mandare in tilt gli equilibri del Partito democratico siciliano.
Le ‘mosse’ che in queste prima settimane hanno mandato in frantumi alcune certezze dei suoi alleati politici son tutte rivolte al cambiamento. Sulla formazione professionale il presidente Crocetta ha fatto fuori la vecchia guardia del lombardismo, tagliando alla radine i legami ‘impresentabili’ tra l’ex presidente della Regione, l’alta burocrazia e alcuni settori del Pd che, più che politica, fanno affari proprio con il mondo della formazione professionale.
Spiega Tommaso Lima: “Le scelte del presidente Crocetta sono forti nel cambiamento e nell’immagine. In certi ambiti dell’amministrazione regionale, sono state scelte forti. Ora bisogna andare avanti. Il cambiamento, in Sicilia, è necessario. Penso alla burocrazia dove, da troppo tempo, gli equilibri sono immutati. Anche su questo fronte serve una buona dose di discontinuità. Su questo fronte il cambiamento riveste n valore assoluto”.
Il cambiamento, ma anche la continuità. Il Pd, in Sicilia, non è un Partito ‘rivoluzionario’. Mentre il presidente Crocetta, almeno su certi fronti, ha già aperto alla ‘rivoluzione’. Cosa, questa che, lo ripetiamo, non sembra aver lasciato felici e contenti alcuni esponenti del Partito democratico.
Ma se su alcuni fronti il governatore ha pigiato sull’acceleratore, su altri non ha forzato più di tanto.
Sul bilancio, ad esempio, almeno fino ad ora, ha lasciato fare all’assessore Luca Bianchi, un personaggio che è sembrato un po’ ‘schiacciato’ sul conservatorismo non soltanto del Pd, ma di tutta la vecchia politica siciliana, con in testa l’Udc e, in generale, tutti i cosiddetti ‘centristi’, particolarmente legati alle clientele del bilancio regionale.
Un esempio classico di legame quasi ‘ancestrale’ tra la vecchia politica siciliana ‘centrista’ (e in questo ‘centrismo’ , almeno su certi argomenti, trova spazio anche il Pd) e il clientelismo è il precariato.
Nei Paesi civili la questione dei disoccupati viene affrontata con il salario minimo garantito, o con salario d’ingresso. In Sicilia, da oltre un ventennio, la politica ha “privatizzato” i disoccupati. Tutta la vecchia politica, in combutta con alcune organizzazioni sindacali, ha scelto ad uno ad uno i disoccupati da ‘favorire’. E li ha trasformati in precari, chiedendo in cambio i voti. E’ stata una spartizione ‘ecumenica’: tanti precari a te, tanti precari a me, tanti precari a loro e via continuando. Negli ultimi vent’anni, per la politica siciliana, l’Autonomia non è stata altro che un grande ‘Precarificio’.
Dopo aver tenuto migliaia e migliaia di persone legate al carro del precariato per sei anni, per dieci anni, talvolta anche per quindici anni, la politica siciliana ha cominciato a ‘stabilizzare’ questo personale nella pubblica amministrazione: uffici della Regione, enti regionali, Comuni, Province eccetera eccetera. Non c’è ufficio pubblico, in Sicilia, che non sia stato riempito di precari.
Ovviamente, tutto è avvenuto in barba alla Costituzione italiana, dove sta scritto che nella pubblica amministrazione si entra per concorso. Ovviamente, i conti della Regione sono saltati. Perché, fino ad oggi, tutte le ‘stabilizzazioni’ le ha pagate (e continua a pagarle) la Regione.
Loro, i nostri cari politici siciliani, avrebbero continuato all’infinito. Ma i soldi sono finiti. I Comuni, portati al fallimento dalle dissennate gestioni dei rifiuti e dell’acqua (due riforme ‘intelligenti’ varate nei primi anni del 2000: gli Ato idrici e gli Ato rifiuti, ovvero una strana ‘privatizzazione’ di questi due servizi, voluta dal Governo nazionale allora retto da Berlusconi: riforma che ha fatto arricchire pochi e impoverito il resto della popolazione), non sanno come pagare i precari. Idem la Regione.
Così circa 30 mila precari sono rimasti ‘appesi’. E, qual che di peggio, la Regione, con un indebitamento finanziario di 3 miliardi di euro e con uno sbilancio di ‘cassa’ di un miliardo di euro, non solo non può creare più precariato, ma non può pagare nemmeno gli attuali 30 mila precari.
In questo scenario, in occasione della recente manovra varata dall’Ars, ci si sarebbe aspettati un cambiamento. Invece, su questo fronte, il residente Crocetta ha lasciato fare all’assessore all’Economia, Bianchi, che sembra ostaggio della vecchia politica siciliana e, segnatamente, del Pd.
Da qui una proroga senza soldi: una proroga che, sotto il profilo ‘tecnico’, non esiste perché fatta su un bilancio in dodicesimi. Un artifizio che, l’anno passato, l’ufficio del commissario dello Stato non ha impugnato (e ha fatto malissimo, perché si è trattato di un provvedimento di per sé sbagliato e, qualche che di peggio, privo di copertura finanziaria) e che la politica siciliana, neanche a dirlo, ha riproposto.
Questa premessa, forse un po’ lunga, ma necessaria per raccontare ai nostri lettori, anche se per grandi linee, il baratro finanziario in cui si è cacciata la Sicilia, ci consente di farci raccontare da Tommaso Lima che idea si è fato del precariato.
“Intanto – ci dice il coordinatore del “Megafono” di Palermo – questo è un precariato politico. Rispetto a un tema così complesso la Sicilia deve guardare all’Europa. Noi pensiamo che sia giunto il momento di ipotizzare un salario minimo garantito, o un salario d’ingresso, non solo per il precariato politico, ma per tutti i disoccupati della Sicilia. Dobbiamo pensare a un nuovo modello di Stato sociale. Avviando seri controlli per evitare che chi usufruisce del salario minimo garantito svolga un lavoro in nero”.
“Vanno ripensati anche i concorsi pubblici – aggiunge Tommaso Lima -. L’idea che tutti i posti disponibili debbano essere riservati ai precari politici è sbagliata. Va creata una riserva, certo. Ma la maggior parte dei concorsi pubblici deve aprire le porte al merito. Anche perché siamo in Europa. Insomma, si può guardare all’Europa senza chiamare Monti. Anche perché l’Europa non è Monti”.
C’è anche il tema elettorale. A febbraio si andrà al voto per rinnovare Camera dei deputati e Senato della Repubblica. “Anche su questo fronte – dice il coordinatore del “Megafono” di Palermo – servono discontinuità e cambiamento. Basta con l’eterno ritorno del già noto. Dobbiamo dare spazio al nuovo”.
Ultimo passaggio: il Movimento 5 Stelle. Un Movimento politico, presente in Assemblea regionale siciliana con ben quindici parlamentari, con il quale il presidente della Regione ha avviato un dialogo proficuo.
“L’area del Megafono – ci dice Tommaso Lima – guarda con grande attenzione al Movimento 5 Stelle. A Sala d’Ercole, già dalle prime battute, abbiamo riscontrato, in questo Movimento, una grande voglia di cambiamento della società siciliana che noi riteniamo positiva, perché frutto di un dialogo costante con la società civile. Avvertiamo una grande sintonia nei loro riguardi. E su questa strada andremo avanti”.

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