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No alla casta dei precari: salario minimo per tutti


In Sicilia i precari non sono tutti uguali. Se per 30 mila viene mantenuto posto di lavoro, per molti altri sembra non maturare alcun diritto. Proprio così, la Sicilia politica ancora una volta dimostra coerenza col passato clientelare. Non basta il rinnovamento di due terzi del Parlamento siciliano. Non basta un governo che si dichiara rivoluzionario per arrestare una diversità di trattamento che affonda le radici nel solito modo di concepire la politica.
LinksiciliaNon è altro che una decisione clientelare, di fatto, quella sancita la sera del 29 dicembre scorso all’Ars: 62 deputati siciliani hanno detto sì al disegno di legge salva- precari.Peccato che siano stati ‘salvati’ (almeno fino al 30 aprile) solo quelli degli enti locali.  Nulla contro di loro, la questione è altra: perché ad alcuni è stato lanciato un salvagente mentre gli altri si lasciano annegare?

Non hanno forse gli stessi diritti i 1.800 lavoratori della Gesip, così come i precari della Fiat di Termini Imerese o i 1000 della Formazione professionale? Per non parlare di tutti i precari dell’area industriale catanese e di tutte le altre zone siciliane devastate dalla crisi e dall’incompetenza di chi ci ha governato. Eppure la politica siciliana è riuscita a creare diverse tipologie di precari.
Ci sono precari vicini alla politica e precari anonimi o poco utili alla filosofia clientelare, al controllo della burocrazia, o chissà cos’altro. Ed allora perché non reagire? Perché non provare a esercitare una democratica forma di protesta?  Linksicilia lancia un appello affinché tutti i disoccupati e precari siciliani, con in testa i lavoratori Gesip, non subiscano passivamente questa ingiustizia. Si potrebbe cominciare con un  sit – in davanti la sede del Commissario dello Stato per la Regione siciliana.
Una protesta silenziosa e simbolica per chiedere a Carmelo Aronica di non approvare gli articoli che prorogano i contratti agli ‘eletti’. Contestualmente ci rivolgiamo al presidente della Regione siciliana, Rosario Crocetta, per invitarlo a introdurre il salario minimo garantito per tutti disoccupati, inoccupati e precari siciliani. La copertura finanziaria sarà garantita dal sacrificio ulteriore chiesto ai siciliani. Una redistribuzione del reddito non farebbe certo male.
Occorre, a nostro avviso, puntare sul reddito di base per difendere il lavoratore da sfruttamento e precarizzazione, per includerlo socialmente, evitando il costo sociale della marginalità. Riconoscere in Sicilia il reddito minimo garantito significa anche rispettare i principi fondamentali sanciti dall’art. 34 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. E non solo. Significa anche rispettare i principi di cui agli articoli 2, 3, 4 e 38 della Carta Costituzionale.
Crocetta rivoluzioni per davvero il modo di governare promuovendo, sostenendo ed attuando politiche concrete di protezione sociale. La scenetta vista lo scorso 29 dicembre all’Assemblea regionale siciliana appartiene alla politica clientelare del passato. Lanciamo dalle nostre pagine, quindi, la proposta di introdurre  il reddito minimo garantito allo scopo di favorire l’inclusione sociale per i disoccupati, inoccupati o lavoratori precariamente occupati. Misura di contrasto alla disuguaglianza sociale e all’esclusione sociale, nonché strumento di rafforzamento delle politiche finalizzate al sostegno economico, all’inserimento sociale dei soggetti maggiormente esposti al rischio di marginalità nel mercato del lavoro.
Nella Regione Lazio, per esempio, è realtà il riconoscimento del reddito monetario garantito in favore di disoccupati, inoccupati, lavoratori precariamente occupati e lavoratori privi di retribuzione. Secondo quanto previsto dalla legge regionale n.4 del 20 marzo 2009, l’ammontare della prestazione non può superare i 7 mila euro annui e può essere erogata direttamente con somme di denaro oppure in maniera indiretta attraverso l’erogazione in forma gratuita di beni e servizi. Peraltro, uno dei temi centrali del messaggio di fine anno del Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, è stato proprio quello del disagio sociale.
E poi una Proposta di legge di iniziativa popolare per l’istituzione del reddito minimo garantito è stata annunciata nella Gazzetta ufficiale (Guri) del 8 Giugno 2012 n. 13. Nella proposta se ne chiarisce, al secondo comma dell’articolo 1, il significato. “Il reddito minimo garantito ha lo scopo di contrastare la marginalità, garantire la dignità della persona e favorire la cittadinanza, attraverso l’inclusione sociale per gli inoccupati, i disoccupati e i lavoratori precariamente occupati, quale misura di contrasto alla disuguaglianza e all’esclusione sociale nonché quale strumento di rafforzamento delle politiche finalizzate al sostegno economico, all’inserimento sociale dei soggetti maggiormente esposti al rischio di marginalità nella società e nel mercato del lavoro”. Ed allora se Crocetta ha sposato la politica rivoluzionaria si attivi da subito per incidere sul mercato del lavoro con politiche di redistribuzione del reddito che arrestino la crescita delle sacche di povertà (la Sicilia registra il più elevato tasso di povertà in Italia) e contribuisca a riequilibrare la società siciliana.

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