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La Brianza dei caprioli

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Tesori della fauna. Il leggiadro ungulato è al centro di una ricerca di biologi e naturalisti per ottimizzarne la gestione

Il capriolo fa spesso la sua comparsa sui prati e nei boschi prealpini della nostra provincia, e non è raro incontrarlo mentre attraversa le strade di montagna nelle ore tranquille del primo mattino o della sera.
Lo spazio vitale di questo leggiadro ungulato non supera i 200 ettari, e all’interno di esso un’area famigliare più ristretta occupa non più di 100 ettari. In inverno si registra la massima densità, mentre nella bella stagione vi è la massima dispersione.
La vita del capriolo

dipende dalla presenza di cibo con elevato contenuto energetico, in quanto il suo rumine, il primo tratto dello stomaco, ha capienza modesta e impone la scelta di alimenti con molte proteine.
Questo e altri aspetti della vita di questa caratteristica specie, con riferimento alla Riserva naturale regionale della Valle Bova - estesa sui monti di Erba e comprendente anche il complesso della grotta del Buco del Piombo - sono stati illustrati recentemente in un incontro sul tema “La fauna della riserva. Il capriolo. Aspetti ecologici e interventi gestionali”.
Il tecnico faunistico Massimo Ragusa ha esposto i dati finora rilevati e le prospettive della gestione della specie, con proiezione di fotografie a cura di Salvo Fisicaro. Sono intervenuti fra gli altri il coordinatore della gestione fauna, Franco Reggiani, e Sergio Boccacci, ispettore del Corpo Forestale dello Stato.
«La densità del capriolo, come quella degli altri ungulati, è un parametro biologico da tenere sempre sotto controllo - spiega Ragusa - perché con l’aumento della competizione alimentare diminuiscono parametri quali la produttività delle femmine, mentre aumenta la mortalità».
Le dimensioni modeste del territorio della Riserva Naturale erbese rendono indispensabile estendere l’indagine ad aree più ampie, occupate dalla specie nella sua mobilità stagionale.
Precisa lo studioso: «Le indagini sul campo hanno rilevato nel 2010 la presenza di 28 caprioli, nel 2013 di 32: ciò ha escluso una densità elevata tale da condizionare la sopravvivenza delle popolazioni, il rinnovamento degli ambienti forestali, l’integrità della vegetazione. Al monitoraggio primaverile andrebbero però aggiunti i dati autunnali di consistenza e densità post-riproduttive e del rapporto sesso/piccoli dell’anno, utili per stimare l’incremento annuo della specie».
Le ricerche hanno dimostrato che l’area della riserva erbese, con un ricco strato di cespugli e la sua copertura arborea, presenta condizioni favorevoli alla vita del capriolo. Inoltre, durante la stagione venatoria, la zona protetta costituisce una sorta di rifugio, poiché il capriolo soffre la presenza del cane nella caccia al cinghiale.
Ma quali comportamenti concreti mettono a rischio la tranquillità della vita di questo mite erbivoro? Sergio Boccacci, ispettore del Corpo Forestale dello Stato, precisa che spesso cani niente affatto randagi vengono lasciati liberi dai proprietari e invadono gli spazi vitali dei pacifici ungulati, che soffrono la presenza di cani vaganti. Altre volte questi animali selvatici vengono avvicinati dall’uomo come se fossero domestici, snaturando la loro identità. Inoltre, i piccoli eventualmente ritrovati non devono essere toccati, poiché questo compromette il riconoscimento da parte della madre.
È al vaglio del Comitato di Gestione un Progetto di analisi faunistica sull’uso dello spazio da parte del capriolo nell’area vasta della Riserva Valle Bova, con lo scopo di mettere a punto linee guida e criteri di gestione della specie. Ci si prefigge di definire modalità e periodi di censimento, fenomeni migratori, barriere naturali/artificiali, corridoi naturali, aree di gestione, vocazionalità ambientale del territorio, miglioramenti possibili.
Spiega il dottor Ragusa: «Vedo la Riserva Naturale della Valle Bova come un luogo di ricerca, formazione e sperimentazione per monitorare gli ecosistemi e i loro mutamenti».
In questa ottica si colloca il coinvolgimento nella raccolta dei dati di altri istituti interessati, ad esempio l’amministrazione provinciale, i Comprensori Alpini di caccia, Unione Nazionale Cacciatori Zona Alpi (Uncza), Wwf, Lega Ambiente, l’Istituto zooprofilattico.
Massimo Ragusa, oltre a collaborare da anni con alcuni Comprensori Alpini di caccia della Provincia di Bergamo nella gestione delle popolazioni di Galliformi e Ungulati, dal 2010 si dedica alla definizione della situazione faunistica della Riserva della Valle Bova.
Le osservazioni compiute confermano la presenza di specie protette come il falco pellegrino, il gheppio, il nibbio bruno, la poiana, oltre a specie di chirotteri tipici delle caverne, al cinghiale e al capriolo.



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