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I deputati 'scaricano' Crocetta sulla legge antiparentopoli

ardizzone, ars, deputati, incontro, Politica, rosario crocetta, PoliticaLa legge antiparentopoli, voluta dal presidente Crocetta, è stata "cancellata" dall'impugnativa del Commissario dello Stato. Una bocciatura che ha infastidito molti alleati del governatore. Il presidente dell'Ars Ardizzone promette: "Resisteremo contro i ddl improponibili dell'esecutivo", Forzese prende le distanze: "Quel testo lo ha voluto il governo". E da Roma, la stoccata del ministro D'Alia: "Basta con le chiacchiere".

PALERMO - Resistere, resistere, resistere. Una nuova, sorprendente e paradossale “resistenza” nasce dentro la pancia di Palazzo dei Normanni. Una resistenza che sembra volersi opporre alla “rivoluzione” di quello che appare sempre di più un re... solo. Almeno dentro Sala d'Ercole. “Resisteremo, come abbiamo fatti nei mesi scorsi, ai ddl del governo dai contenuti improponibili”, ha tuonato il presidente dell'Ars Giovanni Ardizzone, mentre il presidente della prima commissione Marco Forzese prendeva le distanze da quel testo: “Il disegno di legge lo ha voluto il governo. Io non ero d'accordo”.

Già, Ardizzone e Forzese. La legge antiparentopoli li aveva fatti litigare aspramente. In piena seduta d'Aula. La legge antiparentopoli, adesso, li ha portati uno accanto all'altro. Il presidente dell'Ars e il deputato dei Drs non hanno dubbi. Quella norma era chiaramente destinata al fallimento. Un fallimento sottolineato dalla matita rossa del Commissario dello Stato. Che ha messo a nudo le incongruenze di una legge ottima da spendere sui giornali. Ma più difficile da accompagnare, così come la voleva il governo, fino alla Gazzetta ufficiale. Di mezzo s'è messa la solita, vecchia Costituzione.

Ma adesso la pazienza, all'Ars, è finita. E a sancire il “salto di qualità” nelle tensioni tra governo e parlamento è proprio una frase della massima carica di Palazzo dei Normanni. “L'Assemblea regionale resisterà alla presentazione di disegni di legge governativi dai contenuti improponibili”. Insomma, il muro stavolta s'è alzato davvero. E le critiche a Rosario Crocetta hanno un sapore diverso. Quello dettato dal tempo che nel frattempo è trascorso. E dal margine sempre più ristretto con un autunno che si prospetta di fuoco. Anche in seguito a qualche “incombenza” lasciata un po' in sospeso. Dalla scottante vicenda delle Province a quella che riguarderà a fine anno i ventimila precari degli enti locali. E anche per le probabilissime rivendicazioni di un rimpasto di governo che oggi, alla luce dei magri risultati dell'antiparentopoli (e non solo) e dall'immobilismo di molti settori della macchina regionale, appare quantomai sorretto da argomentazioni valide, validissime.

I deputati regionali, intanto, sembra non abbiamo più voglia di andare incontro a cattive figure. Mentre la frustata più violenta sulla schiena del governo è arrivata da Roma. Dove il ministro Gianpiero D'Alia è andato giù duro: “La Regione invece di proseguire in dibattiti stucchevoli e inconcludenti ha due strade da seguire: può dare immediata attuazione alla normativa nazionale o, a seguito dell’intesa stipulata dal mio ministero con le Regioni, essere costretta ad attuarla”. Una “promessa” di commissariamento, quasi. Dopo la scure del Commissario dello Stato. “Anche in Sicilia, - prosegue infatti D'Alia - il dipartimento della Funzione pubblica è pronto a dare una mano per garantire l’immediata applicazione di una normativa strategica, capace di fare pulizia concretamente e non a chiacchiere”.

Basta con le chiacchiere. Basta con gli spot, con gli slogan spesso non sorretti dalle norme, dalle regole. E a sottolineare maggiormente la “superficialità” delle proposte del governo stavolta, non è solo l'opposizione, ma un alleato come l'Udc. Il partito, per intenderci, che per primo (anticipando persino il Pd) decise di sostenere la candidatura di Rosario Crocetta a Palazzo d'Orleans. Ma il malumore in parlamento è contagioso. E ha coinvolto persino gruppi parlamentari nati “ad hoc”, proprio per sostenere il governo. Marco Forzese, presidente della prima commissione (quella, per intenderci, che ha lavorato al testo poi portato in Aula, infine mutilato dal Commissario dello Stato), ha preso le distanze al ddl antiparentopoli. Per due volte, a dire il vero. Dapprima – una ventina di giorni fa – allargando le braccia di fronte all'impossibilità di trovare una “quadra” in commissione. Infine ieri, quando ha, di fatto, sconfessato quel disegno di legge. “La riscrittura del governo non l'ho mai condivisa”, ha detto Forzese. E il deputato è andato oltre. La caduta libera della credibilità tecnica del governo tecnico ormai travalica la singola figura del presidente. Forzese, ad esempio, ha sottolineato l'inutilità del supporto dei cosiddetti “apparati serventi”. Un termine che sa di politichese, ma che torna buono per far riferimento ai più stretti collaboratori del governatore. Dai consulenti, ai componenti degli uffici di staff, per finire alla Segreteria generale. E a puntare l'indice contro i “consiglieri” di Crocetta è anche il capogruppo del Partito dei Siciliani, Roberto Di Mauro, che sceglie, non senza un filo di ironia, la qualifica di “esperti del presidente”.

Oggi, insomma, i dubbi sono tanti. E l'ultima impugnativa, minimizzata sia da Crocetta sia dal Partito democratico, in realtà si somma ad altri interventi del Commissario. Che aveva, per intenderci, appena quattro mesi fa, cambiato la fisionomia alla legge Finanziaria bocciando 21 dei 77 articoli che la componevano (ma in quel caso, è giusto precisarlo, la responsabilità non era ascrivibile tutta al governo, ma anche alla “fattiva” collaborazione dei deputati). E ancora, all'inizio del 2013 era arrivato lo stop alla proroga dei co.co.co del dipartimento regionale all'Ambiente. Anche in quel caso, violazione degli articoli della Costituzione che sanciscono l'uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge.

Adesso, però, il vaso pare colmo. Per dieci mesi, l'Assemblea, con tutti i suoi limiti, compresa una non certo frenetica attività, s'è trovata a dover discutere e approvare una serie di provvedimenti “spot”, come ha sottolineato qualche deputato dell'opposizione. Buoni da dare in pasto ai media. Meno buoni per risolvere questioni pratiche. Ha dovuto ospitare le promesse di immaginifici Trinacria bond, della chiusura di decine di partecipate (con conseguenti, miliardari risparmi), è stata teatro dei passi avanti e indietro su Muos e Irpef, sulla vicenda Pip. E infine ha detto di sì alla “fondamentale” legge sulla doppia preferenza di genere, a quella dell'abolizione delle Province. Che ha permesso al governo di annunciare una riforma “epocale”. Dimenticando di spiegare, però, una volta cancellati i vecchi enti, cosa si volesse fare dei nuovi. Ma oggi il Parlamento, stanco anche delle continue assenze in Aula degli assessori tecnici e delle accuse che arrivano anche dal mondo degli industriali, ha deciso di rispondere alla “rivoluzione degli annunci”, ha scelto  di opporsi ai disegni di legge insensati, promettendo l'avvio di una sorprendente e paradossale “resistenza”.



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