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«Usi e abusi delle meraviglie dell'Etna»

Come ogni estate approfitto delle ferie per gironzolare lungo i percorsi dell'Etna. Per chi ama la montagna è veramente uno spettacolo straordinario. Ma chi ama la montagna e ha avuto anche la possibilità di poter visitare luoghi come l'Alto Adige, la Valle d'Aosta, il Tirolo austriaco, la Baviera, non può non notare alcune differenze organizzative e culturali essenziali che fanno di tali posti, paradisi delle fruibilità e mete frequentatissime dai turisti.

Nella nostra amata Etna non esiste un cartello che indica un percorso, un rifugio, un orrido, un posto panoramico. Quei pochi che si trovano, poi, sono così malandati e mal posizionati che spaventerebbero il più coraggioso dei gitanti. Per non parlare dei numerosi rifugi ristrutturati e chiusi: quanto sarebbe bello darli in gestione, anche gratuitamente, a giovani che cercano lavoro.
Giorni fa mi trovai a dover spiegare con enorme fatica, a due sperduti turisti francesi, nei pressi del Rifugio Sapienza, come giungere alla "pista alto montana", uno dei luoghi più belli della nostra montagna. In effetti non c'è un solo cartello. Ma lo stesso vale per il rifugio Timparossa, per il rifugio Cerrita, per la Schiena dell'Asino, e per qualsiasi altro meraviglioso posto sull' Etna.
Se solo qualcuno della miriade di "generali" degli assessorati per le foreste o per il Turismo della Regione siciliana si rendesse conto di cosa ogni anno ci perdiamo, per la mancanza di banali cartelli e di siti web tematici raggiungibili attraverso gli appositi canali turistici. Investimenti ridicoli per tornaconti enormi.
Purtroppo non è tutto qui, e come spesso accade, la cecità e l'inefficienza di politici e burocrati, e accompagnata dal malcostume e dall'arroganza del potente di turno. Giorni fa decidevo con un'altra famiglia di amici di fare una passeggiata lungo "l'altomontana", procedendo dall'ingresso del demanio forestale Filiciusa-Milia, in Contrada Serra la Nave. Era domenica, così c'erano diverse persone lungo il tragitto, alcune in mountain bike. A un tratto ci troviamo costretti a fermarci per via di una carovana di una decina di automobili che a velocità sostenutissima (il percorso è chiuso a qualsiasi tipo di traffico veicolare) percorrevano la pista. Un bimbo in bici per un pelo non veniva investito sotto gli occhi del padre atterrito. Più avanti ritroviamo le auto posteggiate alla casermetta della forestale di San Gualberto. Che fortuna, in decine di anni che frequento quei posti non avevo mai visto aperta la casermetta, che non è una caserma militare, bensì un rifugio da fare invidia anche al nostri fratelli teutonici. Non posso fare a meno di chiedere in merito all'addetto al cancello della forestale, che, un po' scocciato, mi confida di esser lì a fare gli extra, per tenere aperta la casermetta per ben tre funzionari dell'assessorato. La stessa esatta cosa mi era successa il 28 agosto dell'anno scorso, all'area attrezzata S. Maria del Bosco a Randazzo.
Purtroppo certe abitudini sono dure a morire. Riusciremo mai a diventare persone perbene?
Fabio Puglisi
La Sicilia



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